“Siate voi la luce della mia speranza”. Con questa illuminante frase, si apre, nel centro storico della messapica Manduria delle Mura Ciclopiche e del mitico Fonte Pliniano, il nostro viaggio nella “Casa della Memoria Elisa Springer” (1918-2004), la donna austriaca di famiglia ebrea ungherese, sopravvissuta all’olocausto.
Nella casetta di settanta metri quadri dove visse per più di mezzo secolo, parte dei quali col marito medico Guglielmo Sammarco e l’unico figlio, Silvio, che purtroppo non le sopravvisse, il 19 settembre 2024, in occasione dei vent’anni dalla scomparsa, l’amministrazione comunale, ha inaugurato la Casa-Museo, all’interno della quale sono raccolti i ricordi e gli oggetti di Lizzi - come Elisa Springer veniva affettuosamente chiamata -, che ad Auschwitz dove venne rinchiusa nell’agosto del 1944, aveva il numero di matricola A-24020.
A guidarci fra mobili, quadri, fotografie, il minuscolo vano-cucina, il televisore con lo schermo acceso, la camera da letto con biancheria e pantofole, che costituiscono l’allestimento per il percorso di fruizione rispondente al pensiero che la Springer esprime nel libro “Il silenzio dei vivi”, “Non il rito del ricordo, ma la cultura della memoria”, è Anna Zingarello Pasanisi, archeologa e guida turistica per la Cooperativa “Spirito Salentino” della presidente Angela Greco.
“Con un approccio di tipo scenografico sottolineato dall’illuminazione pensata secondo principi di light-design - ci informa -, anche al fine di favorire nel visitatore un impatto suggestionante ed emozionale, l’allestimento ricostruisce gli ambienti originali, così da ricreare l'ambiente autentico ed intimo che Elisa Springer tanto amava”.
Apprendiamo poi, che nella piccola abitazione, molti oggetti d’epoca erano conservati prima della trasformazione in Casa-Museo, e che altri, come il pianoforte, si sono aggiunti dopo essere stati per così dire scoperti nel testamento di Lizzi, ma anche gli altri ancora, compresi alcuni importanti ed interessanti documenti, ceduti in comodato d’uso, dalla Fondazione Elisa Springer A-24020, presieduta da Francesca Lopane. Fra tutti, per il valore simbolico che rappresenta, ci piace qui ricordare il dipinto “Bosco di betulle”, che Elisa Springer riuscì a recuperare a distanza di decenni e dunque dopo la liberazione avvenuta il 5 maggio 1945, dalla sua vecchia casa di Vienna.
“La Casa della Memoria non è comunque solo un'operazione di conservazione storica di custodia ed esposizione di oggetti - tiene a precisare la nostra guida -. Essa è soprattutto, così come voleva Elisa Springer, una risposta alla richiesta di tramandare, rivolta ai posteri, ed ai giovani in particolare perché perseguano l’etica della pace e l’esaltazione dell’eguaglianza fra popoli e religioni, quale elemento fondativo del suo testamento spirituale”.
Vale aggiungere, che durante la sua esistenza a Manduria, con la Puglia e la confinate Basilicata, la sopravvissuta all’olocausto ha avuto altri significativi contatti. Nel maggio del 1999, grazie all’impegno del direttore d’orchestra Realino Mazzotta che li revisionò e diresse, nel Teatro Politeama Greco di Lecce, vennero eseguiti i valzer “Diana walzer” ed “Aeroplan walzer”, scritti dal nonno materno Elkan Bauer (1852-1942), ucciso all’età di novant’anni, nel campo dì concentramento di Theresienstadt. Nel febbraio 2001, ad Alberobello visitò l’ex campo dì concentramento “Casa Rossa”, opponendosi al tentativo di distruggerne la memoria. Nel 2006, il gruppo rock di Gioia del Colle, C.F.F. e il Nomade Venerabile , la omaggiò con brano “Birkenau” contenuto nell’album “Circostanze”. Oltre alla Fondazione intitolata a suo nome, cui si deve pure il Premio Internazionale “Elisa Spinger”, Matera le ha dedicato una strada e concesso la cittadinanza onoraria.
Alla già citata Anna Zingarello Pasanisi nelle vesti di consulente per l’inventariazione e la documentazione, del Gruppo di lavoro che ha curato l’allestimento e svolto le ricerche che hanno portato alla creazione della “Casa della memoria”, hanno fatto parte la capo-progetto e scenografa Emanuela Barbarello; lo scenografo e regista documentarista Mirko Dilorenzo; i decoratori Caterina e Franco Melcarne Casi; il giornalista, consulente documentarista, Giuseppe P. Dimagli; il fotografo inventarista Bruno Moscogiuri; la consulente biografica Francesca Lopane, ed in qualità di produttore esecutivo, Costantino Caniglia.















