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Gianpaolo Balsamo
17 Febbraio 2020
BARLETTA - «Mi avevano seppellito sotto terra ma avevano dimenticato che ero un seme». Iacopo Di Bari, 22anni di Barletta, qualche giorno prima dell’incidente che spezzò prematuramente la sua esistenza, aveva scritto questa frase sullo stato del suo Whatsapp. Una frase premonitrice di una giovane vita spezzata sull'asfalto della strada della morte.
Era il 23 settembre del 2016 quando Iacopo, insieme a Marco Pietralongo, 24 di Andria (due amici, entrambi studenti universitari in Bilogia), morirono in un incidente stradale mentre si recavano in una delle aziende agro-zootecniche che ospitavano il «Festival della ruralità» a Corato. Entrambi erano passeggeri e viaggiavano su un’auto condotta da un’amica che era con il suo papà. La ferale notizia arrivò ai genitori di Iacopo tramite Facebook.
L’incidente avvenne sulla strada per Corato intorno alle 11. Nessuno ebbe premura di avvisare la famiglia. Giuseppe Di Bari e Anna Belgiovine, sballottati da un Comune all’altro, da una caserma all’altra delle forze dell’ordine, solo intorno alle 15.30 riuscirono a vedere il corpo senza vita del loro ragazzo.
Iacopo, a distanza di qualche anno, è oramai ricordato da tutti come il «ragazzo delle farfalle»: un ragazzo impegnato nello studio, nel volontariato, con una grande passione per l’ambiente e la natura, per la zoologia e in particolare per lo studio proprio dei lepidotteri.
E proprio come la vita una farfalla, anche quella di Iacopo, purtroppo, è stata breve.
«Un mese dopo la sua morte – raccontano mamma Anna e papà Giuseppe – un bellissimo esemplare di farfalla equatoriale uscì fuori dal bozzolo. Fu il nostro Iacopo a prendersi cura di quel bruco, quando ancora nessuno riusciva a vedere la sua bellezza». Una farfalla meravigliosa dalle geometrie e dai colori uniche che Iacopo Di Bari mai ha potuto ammirare.
«Noi siamo stati condannati ogni giorno "all'ergastolo del dolore" senza nessuno sconto di pena», spiegano i genitori del ragazzo barlettano che, dopo la tragedia, proprio dalla rabbia e dalla disperazione hanno ricevuto la forza per cominciare una vera e propria «missione»: girare nelle scuole, incontrare i ragazzi, porgere la loro testimonianza e diffondere la cultura della prevenzione stradale. «L’auto è un’arma pericolosa tra le mani. Occorre usarla con prudenza e con una guida consapevole»: è questo il messaggio che Giuseppe e Anna si sforzano di far circolare specie tra i neo-patentati, sicuri di avere accanto la presenza spirituale di Iacopo: il ragazzo che amava le farfalle e che, proprio come uno dei suoi lepidotteri, libra ora le ali tra cielo e terra.
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