Una barboncina deceduta, una presunta diagnosi di avvelenamento da topicida e una foto diffusa sui social di caditoie con una polvere bianca. Tanto è bastato a Martina Franca per scatenare, in questi giorni, una vera e propria psicosi collettiva che ha messo in allarme alcuni cittadini. La notizia della morte dell’animale da compagnia si è diffusa rapidamente nelle chat, alimentando il sospetto, forse con eccessiva precipitazione, che la causa fosse da ricercare nelle operazioni di derattizzazione condotte dalla ditta che gestisce il servizio di igiene urbana.
L’apprensione è cresciuta a dismisura quando alcuni hanno associato il tutto ad alcune immagini che ritraevano le caditoie cittadine cosparse di una sostanza bianca.
Di fronte all’ondata di allarmismo, divenuta presto virale, il raggruppamento di imprese composto da Gial Ambiente, Impregico e Sieco - che opera per il servizio rifiuti - è intervenuto con una nota ufficiale per fare chiarezza e bloccare sul nascere ogni tipo di polemica. La spiegazione delle aziende mira a smentire qualsiasi tipo di ipotesi di gestione pericolosa. Gli interventi di derattizzazione - si legge nella nota - vengono eseguiti mediante l’inserimento di esche costituite da zollette paraffinate a base di difenacoum e bromadiolone, collocate esclusivamente all’interno delle caditoie e griglie di fogna acqua, quindi in posti inaccessibili ad altri animali.
Vengono utilizzate esche, non polveri. Queste pastiglie, di intenso colore (rosso o blu) per segnalare la pericolosità e contenenti una sostanza amaricante che funge da repellenza per l’uomo e gli animali diversi dai ratti, sono appese con piccoli innesti di ferro all’interno delle tubazioni. Il meccanismo è mirato: «In questo modo – prosegue la nota – il topo viene attirato nel suo ambiente più congeniale, facendolo mangiare ed evitando così che salga in superficie».
Le linee bianche sulle griglie, invece, sono dovute all’uso di calce impiegata a scopo igienico; quindi, non si tratta di materiale velenoso.