«Sul piano del futuro produttivo» per l'ex Ilva «io credo che sia garantito». Mentre, indica il ministro Adolfo Urso, I sindacati sono preoccupati dell’impatto occupazionale. Bisogna parlare sempre in termini di verità ai nostri cittadini- dice -: Il passaggio dei forni a caldo ai forni elettrici ha un impatto occupazionale significativo, lo sanno tutti. Se noi scegliamo di accelerare sulla strada della decarbonizzazione è chiaro che scegliamo una strada che comporta alla fine del percorso con meno occupati». Il ministro delle Imprese e del Made in Italy lo ha indicato, a margine di un convegno di Federmoda-Cna, rispondendo ad una domanda sull'allarme dei sindacati dopo al presentazione delle manifestazioni di interesse per il secondo bando di gara.
«E' chiaro - dice il ministro - che nel frattempo dobbiamo lavorare tutti insieme: il governo assicura da sempre la sua presenza con gli enti locali, le altre istituzioni, i sindacati, le associazioni d’impresa, affinché ci siano altre opportunità di lavoro e di produzione che siano diverse da quelle di un polo siderurgico che, avviato sulla strada della piena decarbonizzazione, inevitabilmente impiegherà meno personale».
E’ «come per l’auto elettrica», evidenzia Urso: «Se io scelgo la strada dell’elettrico per le auto, inevitabilmente so che quella strada porta meno occupazione nel settore, poi si accerterà se è possibile riconvertire imprese e occupazioni in altri settori in espansione. Questo vale anche per il percorso green nella siderurgia, perché un forno elettrico ha bisogno di molti meno occupati di un altoforno».
Quanto all’acciaio green in Italia «dobbiamo completare il percorso» con «il progetto a Taranto che è la sfida più difficile, tutti lo sanno, resta una sfida difficile. Con il concorso di tutti, con la responsabilità di tutti, io mi auguro che sia possibile vincere anche questa sfida» dice del futuro dell’ex Ilva il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, a margine di un convegno di Federmoda-Cna.
Il passo indietro di Baku Steel? «Gli azeri - risponde - avevano un modello industriale ed energetico che non si può realizzare in un contesto locale che, per la libera decisione del Comune di Taranto, non permette l’installazione di una nave rigassificatrice. Bisogna prendere atto della realtà e la realtà è quella che noi tutti conosciamo: una realtà locale in cui peraltro ancora incombe il sequestro di uno dei due altoforni che erano in attività».