Giovedì 18 Settembre 2025 | 22:44

Ex Ilva, nessun accordo al tavolo sulla cassa integrazione, nuovo tavolo il 24 settembre

 
Redazione online

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Ex Ilva, nessun accordo al tavolo sulla cassa integrazione, nuovo tavolo il 24 settembre

Nei giorni scorsi Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria ha inviato un’istanza di modifica della richiesta della cassa che prevede l’aumento a 4.450 dipendenti, di cui 3.803 a Taranto, dai precedenti 4.050 dipendenti, dei quali 3.500 a Taranto

Giovedì 18 Settembre 2025, 20:16

Nessun accordo al tavolo sulla cassa integrazione straordinaria per i lavoratori Ex Ilva al ministero del Lavoro. Nuovo round il 24 settembre prossimo con l’obiettivo di chiudere la vicenda, visto che il 26 di questo mese è il termine ultimo per la presentazione delle offerte per l’azienda.

«L'incontro è stato duro e dai toni drammatici, non abbiamo accettato l’impostazione dell’aumento dei numeri della cigs perché è ora di fare chiarezza di cosa il governo vuole fare di questa azienda», ha detto il coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil, Loris Scarpa, uscendo dal ministero. L’aumento del numero di lavoratori richiesto dall’azienda «non ci spaventa in sé, ma deve essere motivato da ragioni solide e inserito in un piano di rilancio che progressivamente riduca il ricorso alla Cigs. Assistiamo invece a un silenzio assordante da parte delle istituzioni locali e della politica nazionale», ha aggiunto il segretario nazionale Fim Cisl, Valerio D’Alò.

Nei giorni scorsi Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria ha inviato un’istanza di modifica della richiesta della cassa che prevede l’aumento a 4.450 dipendenti, di cui 3.803 a Taranto, dai precedenti 4.050 dipendenti, dei quali 3.500 a Taranto. Fim, Fiom e Uilm avevano immediatamente parlato di una richiesta «inaccettabile». Attualmente, l’autorizzazione alla cigs vigente scade nel febbraio 2026.
I sindacati denunciano che la situazione all’Ex Ilva è di "una gravità inaudita», «in questo momento registriamo nei fatti una fermata assoluta degli impianti e anche una difficoltà a continuare le operazioni di manutenzione dentro gli impianti». Per cui è «assolutamente necessario» dare corso all’incontro a Palazzo Chigi e il governo deve finalmente affrontare «il tema della partecipazione in equity» perché «nei fatti nessun soggetto privato è oggi realmente interessato all’Ex Ilva», ha sottolineato Scarpa.

Con l’uscita di Baku Steel e Azerbaijan Investment Company dalla corsa all’ex Ilva si sono ridotte le possibilità di cessione unitaria del gruppo siderurgico. Sono rimasti in campo gli indiani di Jindal Steel International e gli americani di Bedrock, con i quali i commissari straordinari stanno proseguendo il confronto. Non è escluso che i due gruppi presentino piani differenziati: l’intero pacchetto oppure solo i poli del Nord (Genova, Novi Ligure e Racconigi) o quello di Taranto.

LE REAZIONI

«Senza certezze non c'è futuro. Non è accettabile gestire la crisi dell’acciaieria più grande d’Europa senza un piano industriale trasparente e senza un percorso credibile di rilancio, per la decarbonizzazione e per la salvaguardia di tutta la platea dei lavoratori, dai diretti agli appalti fino all’Ilva in As». Lo affermano Sasha Colautti e Francesco Rizzo dell’esecutivo confederale Usb dopo il tavolo al Ministero del Lavoro sulla richiesta di estensione della Cigs avanzata da Acciaierie d’Italia, ex Ilva.
«Il percorso con un potenziale acquirente si è interrotto, il piano di ripartenza indicato dai commissari non trova più continuità e sulla vendita non esistono informazioni ufficiali, ma solo indiscrezioni di stampa. Ci troviamo in una condizione di totale assenza di certezze», sottolinea USB.
Per il sindacato «l'unica strada percorribile è un intervento pubblico immediato e diretto. Lo Stato deve assumersi la responsabilità di governare questa fase, garantendo occupazione, salario e futuro produttivo. Il tempo che passa è un nemico per i lavoratori, le famiglie e l’intero settore siderurgico».
Usb conclude chiedendo al governo di convocare «con urgenza a Palazzo Chigi un tavolo politico e strategico capace di ricostruire un percorso chiaro per la siderurgia italiana».

«L'incremento del 50% dei numeri dei lavoratori da mettere in cassa integrazione, che secondo la nuova procedura passerebbero da 3062 a 4450, è il risultato dell’indecisionismo e delle mancate scelte del governo e delle istituzioni locali sull'individuare una soluzione alla crisi del più grande gruppo siderurgico italiano e del suo indotto». Così il segretario nazionale Uilm, Guglielmo Gambardella, dopo il tavolo al ministero. "Nel corso dell’incontro abbiamo contestato i numerosi rinvii della convocazione da parte del ministero del Lavoro, non richiesti dalle organizzazioni sindacali, che ci hanno portato in prossimità della scadenza tecnica, al 24 settembre, della procedura della Cigs. Ma abbiamo apprezzato la disponibilità del ministero nel concedere alle parti ulteriore tempo per verificare, anche in un incontro successivo a quella scadenza, la possibilità di poter raggiungere un accordo sulla Cigs», ha spiegato l’esponente sindacale. «La riapertura della gara di vendita, l’assenza di previsione di una possibile cessione ad un nuovo investitore, la mancata sottoscrizione, da parte delle istituzioni locali, dell’Accordo di programma di Taranto e l'assenza, nello stesso, di una clausola che prevedesse una reale salvaguardia di tutta l’occupazione, la possibile impugnazione dell’Aia, hanno generato un contesto di grave incertezza» ha sottolineato Gambardella.

«L'incremento del 50% dei numeri dei lavoratori da mettere in cassa integrazione, che secondo la nuova procedura passerebbero da 3.062 a 4.450, è il risultato dell’indecisionismo e delle mancate scelte del governo e delle istituzioni locali sull'individuare una soluzione alla crisi del più grande gruppo siderurgico italiano e del suo indotto». Lo sottolinea Guglielmo Gambardella, responsabile siderurgia della Uilm, dopo l’incontro al ministero al ministero del Lavoro sulla richiesta di aumento della cassa integrazione per i lavoratori ex Ilva.
«E' inconcepibile - aggiunge - che ad oggi, i 20.000 lavoratori, diretti ed indiretti, interessati dalla vertenza, a distanza di 18 mesi di amministrazione straordinaria e di 13 anni dall’esplosione della crisi, non conoscano i loro destino ma, soprattutto, vedono aggravarsi le loro condizioni economiche con la persistenza e l’estensione della Cigs».
«Adesso basta. Serve chiarezza - attacca Gambardella - su dove si vuole andare a parare. Ci attendiamo quanto prima che questa chiarezza venga fatta nell’atteso, già richiesto, prossimo incontro a Palazzo Chigi». Oggi, conclude, «non c'erano le condizioni di avviare la discussione per esplorare la possibilità di addivenire a un accordo».

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