«La lingua non ha le ossa ma può spezzarle». Il mitilicoltore simbolo di Taranto e del presidio Slow Food Luciano Carriero, delegato di Confcommercio Taranto per il settore, non è soddisfatto delle scuse del giornalista Vincenzo Magistà, riguardo alla sua dichiarazione sulle cozze inquinate del Mar Piccolo, rilasciate durante la trasmissione Mi manda Rai3 di domenica mattina.
«Il giorno dopo – racconta – lunedì mattina, abbiamo venduto l’ottanta percento in meno di cozze rispetto al lunedì della settimana precedente. Nel centro Ittico sono entrate due persone. Poi, dopo la comunicazione dell’Asl la gente ha fatto quadrato intorno al prodotto di eccellenza della città e da martedì i clienti sono tornati ad acquistare le cozze». Effettivamente non si è fatta attendere la replica dell’Azienda sanitaria locale di Taranto che dal 2011 ha elaborato, insieme alla Struttura Commissariale, la Guardia Costiera, il CNR di Taranto e Arpa Puglia, piani mirati di controllo sanitario della filiera della mitilicoltura, proprio per scongiurare l’immissione in commercio e il consumo di prodotti non rispondenti ai criteri di sicurezza alimentare, anche grazie al Dipartimento di Prevenzione dell’Asl. «I mitili – ha scritto l’Azienda Sanitaria locale in una nota – provenienti dai circuiti autorizzati rispettano tutti i parametri di sicurezza alimentare e resta sempre alta l’attenzione nei confronti degli operatori che non ottemperano alle disposizioni di legge».
«La gente si era spaventata -spiega Luciano - abbiamo avuto la sensazione di ritornare indietro di oltre 10 anni, a quel 2011 in cui ci notificarono l’ordinanza. E anche lì, la cattiva informazione e i titoloni dei giornali che scrivevano “Cozze alla diossina” ci fecero male. Perché ad essere inquinato era solo il Primo Seno del Mar Piccolo, non il Secondo. Il problema era circoscritto, ma ci danneggiarono tutti e l’immagine della città. Queste informazioni errate ogni volta danneggiano famiglie, un intero settore, che ogni giorno con la fatica cerca di allontanarsi dall’immagine della fabbrica, dell’inquinamento e dell’abusivismo». La filiera della mitilicoltura tarantina, infatti, è super controllata, non solo dagli enti preposti, come Asl e Arpa, ma anche da Carabinieri, Capitaneria di Porto e Polizia Locale.
Non solo semplici clienti, Luciano vende le sue cozze anche a ristoranti e trattorie, ma non solo. Il 70 percento della sua produzione annuale viene venduto sulle tavole di tutta Italia. Sono tanti i grossisti del Nord Italia che in questi giorni hanno contattato Carriero per sapere se le cozze avessero nuovamente problemi con la diossina. «Noi – aggiunge il mitilicoltore – coltiviamo intorno ai 100mila quintali di cozze, che dall’anno nuovo partono da Taranto e vengono vendute in tutta Italia. Proprio per questo adesso chiediamo la rettifica sull’emittente dove è stato fatto il danno, perché abbiamo ascoltato le scuse, ma non vanno fatte sui social o sulle Tv locali o sui giornali regionali. La rettifica va fatta dove è stato creato il danno: noi la pretendiamo su Rai3, alla stessa ora con lo stesso pubblico. Abbiamo paura che la clientela non tarantina non abbia saputo delle scuse, non capisca l’errore e non acquisti più il nostro prodotto».
Negli ultimi anni i mitilicoltori avevano lottato contro il cambiamento climatico e l’innalzamento delle temperature delle acque del Mar Piccolo, perdendo il 90 percento del seme dei mitili. Quest’anno finalmente la natura era stata clemente. «Ora ci troviamo a lottare contro la cattiva pubblicità» ha concluso Luciano.