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Giannattasio incensurato aveva l’arsenale in negozio: «Non ho sparato io». Ma rischia l’ergastolo

 
Alessandra Cannetiello

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Alessandra Cannetiello

Giannattasio incensurato aveva l’arsenale in negozio: «Non ho sparato io». Ma rischia l’ergastolo

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Ha chiesto di potersi sottoporre alla prova dello stub - per rilevare eventuali tracce di polvere da sparo

Sabato 14 Giugno 2025, 09:14

11:42

«Non ho sparato io». Ha chiesto di potersi sottoporre alla prova dello stub - per rilevare eventuali tracce di polvere da sparo - il 57enne di Carosino, Camillo Giannattasio che giovedì, dopo una caccia all’uomo lampo si è infine arreso alla cattura dai Falchi della Mobile di Taranto.

Una richiesta, quella del 57enne, che ha lo scopo di alleggerire il pesante quadro accusatorio che potrebbe piombare su di lui nei prossimi giorni. Una possibile strategia della difesa che mira, semplificando, a non precludere all’indagato la possibilità di chiedere il processo con rito abbreviato che in caso di condanna comporta lo sconto di un terzo della pena. Una strada che, per legge, non sarebbe assolutamente percorribile se venisse formalizzata l’ipotesi di omicidio con il conseguente rischio di ergastolo. La prova per rilevare le tracce di polvere da sparo, per dirla in modo ancora più elementare, serve a stabilire chi materialmente abbia premuto il grilletto.

Per questo l’avvocato Luigi Danucci che difende il 57enne, sta tentando di dimostrare che il suo assistito non ha mai utilizzato l’arma e che a sparare sia stato invece il suo complice, Michele Mastropietro, che ha terminato la sua corsa morendo sotto il fuoco delle forze dell’ordine.

Nell’omicidio del 59enne di Ostuni Carlo Legrottaglie, brigadiere capo del Radiomobile di Francavilla Fontana, le Procure di Brindisi e quella di Taranto lavorano congiuntamente per risolvere i diversi punti ciechi della tragedia. Nei confronti di Giannattasio, al momento, le ipotesi di reato sono detenzione di armi e ricettazione: giovedì, infatti, le forze dell’ordine hanno eseguito alcune perquisizioni, una di queste anche nella ferramenta da lui gestita a San Giorgio Jonico, a pochi chilometri dal capoluogo ionico. Sono state trovate una pistola Beretta calibro 9x21 con matricola abrasa, due fucili a canne mozze, pistole a salve, un lanciarazzi, coltelli, munizioni e diversi telefoni cellulari «Un insospettabile», secondo alcuni conoscenti. Un uomo che per molti anni ha lavorato nel negozio che ora gestisce e che nessuno avrebbe mai immaginato poter diventare un fuggitivo, anche se per poche ore. È lui però che guida la Lancia Y con a bordo il 59enne Mastropietro, mentre tentano di seminare i due carabinieri in servizio e, sempre lui, che corre nelle campagne per sfuggire all’arresto, ormai inevitabile, mentre polizia, carabinieri e due unità cinofile sono già sulle loro tracce. Senza precedenti penali all’attivo, Giannattasio, però, aveva quelle armi nel suo magazzino.

Nessun fermo fino all’altro giorno e, come detto, nessun precedente a suo carico: scavando, tuttavia, si trova il suo nome nell’inchiesta del 2013 «Armored», su alcune rapine armate commesse ai danni di blindati portavalori tra il capoluogo ionico e il Leccese. In quella indagine proprio il nome del 57enne figurava nel registro degli indagati: nel blitz della Sco di Roma e della Mobile di Taranto i suoi locali erano stati oggetto di perquisizione.

L’ipotesi investigativa, successivamente archiviata, era che potesse essere una figura satellite di quell’associazione a delinquere: un gruppo armato che di volta in volta individuava i bersagli da assaltare e studiava le modalità da mettere in atto. Il processo che in seguito scaturì da quelle indagini costò proprio a Mastropietro una condanna definitiva a 9 anni di carcere, come responsabile di una moltitudine di reati e, tra questi, anche quello di natura associativa.

Attualmente in carcere, Giannattasio ha tenuto la bocca cucita giovedì sera, in Questura, con gli investigatori: ora è detenuto nel carcere «Carmelo Magli» di Taranto, quando ha avuto modo di parlare con il suo avvocato, per la prima volta dopo il fermo, ha detto e ripetuto più volte «Non ho sparato io». Naturalmente, le indagini e la testimonianza dell’appuntato Costanzo Garibaldi - che era in servizio con il carabiniere ucciso - saranno determinanti per appurare la dinamica di quei drammatici momenti.

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