Sabato 06 Settembre 2025 | 18:38

Rimborsi indebiti al Comune di Taranto: assolti i 7 imputati, tra ex consiglieri e datori di lavoro

 
Alessandra Cannetiello e Francesco Casula

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Alessandra Cannetiello e Francesco Casula

Rimborsi Comune di Taranto: assolti i 7 imputati, tra ex consiglieri e datori di lavoro

Erano stati accusati di aver innalzato il livello contrattuale, con la conseguente sovrastima degli stipendi percepiti

Lunedì 03 Marzo 2025, 09:43

04 Marzo 2025, 09:34

TARANTO - «Il fatto non sussiste». È questa la formula con cui sono stati assolti, al termine del processo di primo grado, i 4 ex consiglieri comunali e i 3 datori di lavoro, coinvolti nell’inchiesta sui rimborsi del Comune di Taranto. A deciderlo, nella mattinata di ieri, il giudice Costanza Chiantini che ha fatto cadere tutte le accuse nei loro confronti. Per gli imputati, il pubblico ministero Salvatore Colella aveva richi3esto condanne tra i 2 anni e 8 mesi e i 2 anni di reclusione. Tuttavia, il collegio difensivo, composto dagli avvocati Fabio Alabrese, Luca Balistreri, Ciro Buccoliero, Guglielmo De Feis, Andrea Digiacomo, Carlo Raffo, Alessandro Scapati, Giuseppe Sernia e Gaetano Vitale, è riuscito nel corso dibattimento a scardinare l’impianto accusatorio della procura ottenendo, come detto, l’assoluzione con formula piena per i propri assistiti.
Nel processo l’Ente civico si era poi costituito parte civile attraverso l’avvocato Angela Buccoliero, quantificando la richiesta di danni in 300mila euro.

Durante le scorse udienze, i difensori hanno portato elementi in netto contrasto con le risultanze delle indagini, battendo sul punto non soltanto della tracciabilità delle retribuzioni e sulla limpidezza degli inquadramenti contrattuali, ma anche sulla tempistica delle assunzioni, preesistenti diverso tempo prima della loro elezione all’interno del consiglio comunale.
Il 4 marzo 2021, i militari delle fiamme gialle notificarono un decreto di sequestro che bloccò beni per un ammontare complessivo di 255mila euro nei confronti di Albani, Bitetti, Casula e De Gennaro. In particolare a quest’ultima veniva contestata la percezione indebita di 112mila euro (di cui 28mila nel 2017, 55mila nel 2018 e 29mila nel 2019): la donna, infatti, per l’accusa, era stata assunta due mesi prima delle elezioni amministrative 2017 nell’azienda di famiglia nella quale lavorava da tempo, ma con uno stipendio lordo superiore ai 5mila euro mensili. Per Bitetti, invece, impiegato nell’azienda di famiglia fin dal 2014, la somma sequestrata fu di 83mila euro e in particolare per 20mila euro nel 2017, 45mila euro nel 2018 e 17mila euro nel 2019. Nei confronti di Albani, invece, il sequestro ammontava a 30mila euro solo nel 2018. Infine per Casula i rimborsi contestati in totale erano pari a 28mila euro divisi in 2700 euro nel 2017, 16mila euro nel 2018 e quasi 9mila euro fino a luglio 2019. Somme di cui il giudice Chiantini, al termine della lettura del dispositivo, ha ordinato l’immediata restituzione agli imputati.

Nel dettaglio, la contestazione mossa dalla procura era che tra il 2017 e il 2019, durante quindi la loro carica pubblica, con la complicità dei rispettivi datori di lavoro, i consiglieri Carmen Casula ed Emidio Albani avessero innalzato il livello contrattuale, con la conseguente sovrastima degli stipendi percepiti, per ottenere maggiori rimborsi. Nel caso invece di Piero Bitetti e Floriana De Gennaro, il presupposto accusatorio era che i due avessero un ruolo apicale o coincidente con la proprietà e non invece di natura subordinata nelle aziende presso cui risultavano impiegati e che per questo, infine, non avessero neanche diritto agli indennizzi ricevuti. Una ricostruzione, quella della procura, che la difesa ha fortemente contrastato durante il dibattimento, portando al giudice Chiantini diversi elementi a sostegno dell’innocenza dei propri assistiti e riuscendo infine a ottenere l’assoluzione per gli imputati coinvolti.

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