Riparte la macchina per sciogliere in anticipo il Consiglio comunale di Taranto. Da quel che risulta alla Gazzetta, ieri sera cinque esponenti del centrosinistra avrebbero dapprima contattato e poi incontrato un notaio del Borgo per prepararlo all’eventualità di un lavoro... straordinario per il suo studio. Almeno per ora, si tratta solo di una possibilità che comunque agita la politica locale e soprattutto Palazzo di Città. E così, a partire da ieri mattina, esattamente un anno dopo il tentativo clamorosamente e improvvisamente fallito di far cadere Melucci nello studio del notaio Monti, “pezzi” dei progressisti ci starebbero ora riprovando. Naturalmente, l’operazione in corso sarebbe guardata con estrema attenzione anche dai vertici del Pd che, del resto, non hanno mai fatto alcun mistero di lavorare per lo scioglimento anticipato del Consiglio comunale in modo così da andare al voto già nella prossima primavera.
E se un anno fa, la porta difesa da Rinaldo Melucci sarebbe stata sicuramente violata se non ci fosse stato il salvataggio sulla linea compiuto da Luigi Abbate (poi eletto presidente della massima assise cittadina), questa volta, i nomi che mancano all’appello sono due. Potenzialmente, infatti, la variegata area che si oppone al sindaco di Taranto (centrosinistra e centrodestra) potrebbe contare su 15 firme. Ne mancano 2, appunto, per arrivare alla soglia minima di 17 consiglieri dimissionari indispensabili per tornare al voto prima del previsto. E per questo, dopo mezzogiorno di ieri, sarebbe partito un serrato corteggiamento nei confronti di due consiglieri comunali ed esattamente verso il centrista Massimiliano Stellato e la civica Patrizia Mignolo. Il primo fa parte della maggioranza sia a Bari (in Regione) che a Taranto (in Comune) ma, di recente, ha assunto il ruolo di ago della bilancia. Il motivo? Stellato vorrebbe, legittimamente, ricandidarsi alle Regionali 2025 e la sua aspirazione (per ora) si scontra con il muro eretto da Pd e compagni nei confronti di chi sostiene il sindaco in Consiglio comunale. La seconda (Mignolo), invece, solo qualche giorno fa, è uscita in effetti dalla maggioranza consiliare ma, proprio alla Gazzetta, ha assicurato che non sarebbe comunque andata dal notaio per contribuire, con le sue eventuali dimissioni, allo scioglimento anticipato della massima assise.
Tirando quindi una riga al termine della mattinata di ieri, i sondaggi effettuati nella duplice direzione Stellato-Mignolo non avrebbero sortito alcun effetto positivo. Ma, detto questo, la sotterranea manovra per stringere Melucci in una tenaglia sino al punto di farlo cadere in anticipo di due anni e quattro mesi, di certo proseguirà nelle prossime ore. Anche se, per dirla tutta, di tempo non ce n’è poi così tanto. Lunedì prossimo, 24 febbraio, infatti, scade il termine ultimo per far cadere l’Amministrazione comunale aprendo così le urne già a giugno. In caso contrario, ovvero se la spina venisse staccata successivamente, il Comune (e quindi la città) subirebbero un lungo commissariamento.
In questa silenziosa sfida a distanza, i promotori vogliono evitare gli annunci dell’anno scorso, tra l’area Melucci e il centrosinistra, in mezzo c’è il centrodestra. Che, in queste ore, vorrebbe individuare una linea unitaria evitando di presentarsi all’appuntamento in ordine sparso così come, invece, accadde un anno fa.
Aggiornamento: con il passar delle ore le firme del centrosinistra depositare dal notaio sono diventate 6 e non più 5.