TARANTO - Pronti a rimuovere i cartelloni pubblicitari su cui compare ancora la parola Avetrana, ma Disney e Groenlandia non mollano la presa: il nome del Comune in cui fu uccisa la 15enne Sarah Scazzi dovrà tornare nel titolo della fiction.
È quanto emerge dall'udienza che il 5 novembre scorso si è tenuta dinanzi al giudice Antonio Attanasio, il magistrato che in via cautelare aveva sospeso la messa in onda della serie accogliendo il ricorso urgente del sindaco di Avetrana, Antonio Iazzi, fino a quando non fosse stato rimosso il nome del Comune dal titolo. E così è stato pochi giorni dopo: la serie è infatti tornata sulla piattaforma Disney plus con il titolo «Qui non è Hollywood», ma guai a pensare che la guerra legale sia finita. Anzi.
Nell'aula L del tribunale di via Marche, infatti, gli avvocati della società di produzione e della multinazionale hanno infatti depositato un documento di 25 pagine in cui hanno snocciolato tutte le ragioni per cui è doveroso riportare «Avetrana» nel titolo della miniserie diretta da Pippo Mezzapesa. Rispettano la decisione della magistratura, insomma, ma non la condividono e in aula la battaglia comincia a farsi aspra.
Gli avvocati dell'ente civico, Fabio Saponaro, Stefano e Luca Bardaro , hanno chiesto tempo per studiare gli atti e replicare punto su punto, ma intanto hanno presentato una lunga lista di testimoni alcuni dei quali sono già sfilati nelle scorse ore dinanzi al giudice: sindaci dei comuni limitrofi, commercianti e persino il parroco del piccolo comune ai confini della provincia ionica. Anche don Mimmo Sternativo, infatti, è arrivato nella tarda mattinata di martedi a Palazzo di giustizia, pronto a rendere la sua dichiarazione al giudice per spiegare che nella comunità avetranese e in particolare nei giovani, questa vicenda rimesta i fastidi di un passato da cui vogliono prendere le distanze. Il religioso vuole raccontare insomma i timori di chi, se Avetrana tornasse a campeggiare sui titoli e i televisori di svariati continenti, potrebbe sentirsi offeso ingiustamente da una storia che tutti hanno dovuto subire: nella scorsa udienza, però, don Mimmo non è stato ascoltato, ma non si esclude che possa rendere dichiarazioni nella prossima. Chi invece ha risposto alle domande del magistrato è stato il presidente di Confcommercio Leonardo Giangrande e alcuni sindaci della provincia. Come Giovanni Longo, primo cittadino di Maruggio. Lui, insieme con i colleghi di Fragagnano, Lizzano, Leporano, Pulsano e Torricella, nei giorni scorsi ha firmato una lettera in cui viene espressa solidarietà a Iazzi e spiegato di essere tutti stati ingannati dalla casa di produzione. Sulla sua pagina social, inoltre, Longo ha aggiunto che «siamo stati ingannati tutti» visto che Groenlandia «ha proposto a tutti i Comuni in cui hanno girato le riprese (Maruggio compreso) il titolo “Qui non è Hollywood” e di Avetrana non c’era traccia».
Insomma se i colossi del calibro di Groenlandia e Disney non intendono chiudere la vicenda, nemmeno gli avvocati che assistono il piccolo Comune vogliono darsi per vinti. Anzi. La rete dell'Unione dei comuni “Terre del mare e del sole” di cui
Avetrana fa parte hanno fatto quadrato per convincere il magistrato a conferma la sua decisione. Nel suo provvedimento, infatti, il giudice Attanasio aveva sostenuto che «associare la cittadina alla vicenda di cronaca nera» può suscitare nei telespettatori l'idea che nel piccolo comune ci sia «una comunità potenzialmente criminogena, oltre che retrograda ed omertosa» e aveva accolto la tesi di Iazzi che sosteneva come quel titolo sia stato scelto a «insaputa degli organi comunali, che non hanno mai offerto alcuna forma di collaborazione alle riprese filmate né tanto meno patrocinato ed autorizzato la produzione a riportare il nome della cittadina di Avetrana nell'adattamento cinematografico». Insomma per il primo cittadino quella mossa era esclusivamente una «iniziativa ritenuta fuorviante, indebita e denigratoria per la comunità avetranese, i cui interessi e valori fondamentali, di valenza costituzionale, risultano piegati ad una scelta di marketing ispirata da mere finalità commerciali». Il primo cittadino, com'è noto, ha vinto la prima battaglia, ma la guerra in carte bollate appare lunga e complicata.