Sabato 06 Settembre 2025 | 16:48

Taranto, omicidio di via Cugini: in 7 dinanzi alla Corte

 
Francesco Casula

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Francesco Casula

Taranto, omicidio di via Cugini: in 7 dinanzi alla Corte

Negato il rito abbreviato anche agli imputati per reati minori. Il fratello della vittima è ritenuto il mandante dell’agguato: gli altri due invece hanno chiesto al primo danni per 200mila euro ciascuno

Martedì 30 Aprile 2024, 12:30

TARANTO - Prenderà il via il 14 giugno dinanzi alla Corte d'assise d Taranto il processo nei confronti degli imputati coinvolti nell'inchiesta per l'omicidio di Mimmo Nardelli e il tentato omicidio di Cristian Troia. Il gip di Lecce Maria Francesca Mariano ha infatti accolto la richiesta dei pubblici ministeri Milto De Nozza, della Direzione distrettuale Antimafia di Lecce, e Francesco Sansobrino, della procura ionica, disponendo il rinvio a giudizio per tutti.

In carcere per il delitto del 26 maggio, com’è noto, sono finiti il 44enne Paolo Vuto ritenuto l'organizzatore dell'agguato mortale al 62enne, e poi Tiziano Nardelli, fratello della vittima e per gli inquirenti il mandante dell’assassinio, e ancora il 20enne Aldo Cristian Vuto, figlio di Paolo ritenuto l’esecutore materiale del delitto, il 23enne Francesco Vuto, cugino di Paolo, indicato come conducente dallo scooter su cui viaggiava il killer quella sera di maggio, e infine il 23enne Ramazan Kasli, tarantino di origine albanese che insieme a Paolo e ad Aldo Cristian Vuto, deve difendersi dall’accusa del tentato omicidio di Troia difesi dal collegio difensivo, composto dagli avvocati Luigi Danucci, Salvatore e Andrea Maggio, Fabrizio Lamanna, Valerio Diomaiuto e Daniele Lombardi.

A processo dinanzi alla corte d'assise sono finiti anche gli imputati che non rispondevano di omicidio e che avevano chiesto di accedere al rito abbreviato: si tratta di Ramazan, difeso dall'avvocato Daniele Lombardi e di Giada Vuto, 36enne difesa dall'avvocato Andrea Maggio accusata di detenzione e ricettazione di un'arma da sparo: sarebbe stata la donna a fare da tramite per la consegna di una pistola che i poliziotti della Squadra Mobile sequestrarono il giorno precedente al delitto. Quel controllo degli agenti era mirato a evitare un’escalation: gli agenti, guidati allora dal vice questore Cosimo Romano, riuscirono a fermare Kasli Ramazan prima che incontrasse Mimmo Nardelli, ma il suo arresto non bastò a sedare la tensione crescente tra il 62enne il gruppo Vuto che solo 24 ore più tardi si sarebbe nuovamente armato e questa volta sarebbe riuscito a portare a termine l’agguato freddando con due colpi di pistola.

Secondo quanto ricostruito dai poliziotti, il movente è collegato alla decisione di Mimmo Nardelli di liquidare la cooperativa di famiglia e suddividere la proprietà con gli altri fratelli: una società che, secondo quanto si legge negli atti dell’inchiesta, Tiziano Nardelli e Paolo Vuto utilizzavano anche «per finalità di riciclaggio del denaro di provenienza delittuosa». Da tempo, infatti, gli investigatori stavano indagando su un presunto traffico di stupefacenti portato avanti dal clan che operava nel centro di Taranto. L’idea di Mimmo Nardelli aveva quindi creato dei fortissimi contrasti che Paolo Vuto e Tiziano Nardelli avevano provato a placare, ma senza grandi successi.

Nei confronti Kasli Ramazan, Paolo Vuto e Aldo Cristian Vuto, come detto, pende anche l'accusa di tentato omicidio di Cristian Troia commesso la notte tra il 12 e il 13 aprile in via Pio XII: un'azione compiuta per un sgarro commesso dalla vittima e che, secondo Paolo Vuto, per salvare l'onore del gruppo, doveva essere punito in modo plateale.

Ieri mattina uno dei figli e due fratelli della vittima si sono costituiti parte civile nel procedimento attraverso gli avvocati Pasquale bottiglione e Lucia Stranieri chiedendo un risarcimento danni di 350mila euro il primo e 200mila ciascuno dei fratelli.

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