TARANTO - «Qualora i sanitari avessero disposto il ricovero ospedaliero del paziente già in occasione del primo accesso al Pronto Soccorso ed avessero quindi attivato da subito le procedure di reidratazione per via endovenosa, le condizioni di salute del bambino non sarebbero ulteriormente degenerate e quindi non sarebbe deceduto per arresto cardiaco». È quanto scrive il giudice Annagrazia Lenti nella sentenza civile con la quale ha quantificato in 1 milione di euro il risarcimento che l'Asl dovrà versare nei confronti dei genitori del piccolo Nevio, bimbo di appena 1 anno morto nell'estate 2013 all'ospedale Santissima Annunziata di Taranto.
ll tribunale ha riconosciuto infatti il nesso di causalità tra la condotta dei personale intervenuto per prestare cure al piccolo senza tuttavia riuscire a salvargli la vita.
La vicenda giudiziaria prese il via da una vacanza trasformatasi purtroppo in tragedia nell’estate del 2013, quando una famiglia (padre, madre ed il loro piccolo di appena un anno) di origini italiane, ma che per ragioni lavorative viveva stabilmente in Germania, decise di trascorrere le vacanze estive nel paese d’origine al mare, nella zona di Chiatona.
Il bambino iniziò a manifestare sintomi di vomito a causa di una banale gastroenterite, al punto da indurre i genitori a recarsi al pronto soccorso del nosocomio Tarantino, dove il piccolo paziente fu sottoposto a visita dapprima dai sanitari di primo accesso e successivamente nel reparto di pediatria dove fu prescritta una terapia domiciliare per via orale per reidratare il bambino che, nonostante gli episodi di vomito ancora in corso, fu dimesso dal personale medico.
La gravità della situazione, tuttavia, non fece altro che peggiorare al punto da spingere genitori a tornare nuovamente in ospedale: ma al grave stato di disidratazione, peraltro in pieno periodo estivo, i sanitari non riuscirono a porre rimedio e Nevio morì la notte del 30 luglio.
Immediatamente i genitori presentarono denuncia e la procura aprì un fascicolo di indagine sequestrando la cartella clinica. Al termine di una consulenza tecnica medico-legale disposta dal pm, però, la procura della Repubblica, ritenendo che non vi fossero estremi per rilevare una colpa medica, chiese l'archiviazione delle accuse nei confronti dei medici finiti nell'inchiesta. Nonostante l'opposizione dei genitori, anche il gip ritenne che non vi fossero elementi di responsabilità dei medici e confermò l'archiviazione chiudendo la vicenda penale.
I genitori del bambino, convinti delle proprie ragioni e con l’ausilio del collegio difensivo composto dagli avvocati Mario Soggia e Massimo Saracino, diedero avvio al giudizio civile per colpa sanitaria a carico della Asl di Taranto sostenendo che la tragedia fu la conseguenza della condotta negligente dei medici.
È stato quindi in questa sede giudiziaria, dinanzi al giudice Annagrazia Lenti della sezione civile del tribunale di Taranto che, dopo una vera e propria battaglia legale protrattasi per ben dieci anni e contraddistinta da plurime perizie e contro-perizie medico-legali, che il magistrato con sentenza del 13 Marzo scorso, ha accolto in pieno la tesi difensiva e condannato la Asl di Taranto al risarcimento del danno da perdita parentale, patito dai genitori e dal fratello del bambino, riconoscendo loro un ristoro quantificato complessivamente in circa un milione di euro.
Il tribunale ha così stabilito, anche e soprattutto attraverso gli accertamenti tecnici compiuti dai consulenti medici nominati dallo stesso giudice, unitamente a quelli di parte, come il bambino fosse deceduto in conseguenza della grave disidratazione causata dai ripetuti episodi di vomito determinati da una semplice gastroenterite.