TARANTO - «Una rilevante sorgente emissiva di benzene». Così l’Arpa Puglia in una lettera indirizzata a Ispra e al Ministero dell’Ambiente ha definito «l'area sottoprodotti degli impianti di cokeria» dell’ex Ilva di Taranto, individuando così la principale fonte di provenienza dell’inquinante cancerogeno che dal 2019 è costantemente aumentato nell’aria di Taranto. Nella missiva a firma del direttore generale Vito Bruno e del direttore scientifico Vincenzo Campanaro, l’agenzia regionale di protezione ambientale ha evidenziato come «le indagini svolte e le valutazioni di questa Agenzia» abbiano indicato l’area sottoprodotti come la causa principale dell’emergenza benzene: i tecnici dell’Arpa hanno inoltre chiesto a Ispra l’esecuzione di ulteriori accertamenti in sito per la puntuale verifica delle condizioni di tale area dello stabilimento, da attuarsi nel corso della prossima visita ispettiva». Non solo. Al Ministero è stato invece sottoposta la la vicenda per «valutare – scrive Arpa - l'inclusione di queste informazioni nella fase istruttoria del Riesame dell'Autorizzazione Integrata dell'installazione attualmente in corso, al fine di considerare quanto emerso nella valutazione del quadro emissivo».
Come raccontato nelle scorse settimane dalla Gazzetta, sono stati 155 i picchi di benzene emessi dell'ex Ilva nel corso del 2023. Un numero in grado di spiegare senza troppi di giri di parole l'allarme lanciato proprio da Arpa Puglia sul costante aumento negli ultimi anni: nel 2019 i picchi registrati dalle centraline sono stati infatti soltanto 2 crescendo esponenzialmente nel giro di quattro anni. Dai 2 del 2019 si è poi passati a 84 picchi nel 2020: nel 2021 il valore è sceso a 50 picchi per raddoppiare fino a 106 nel 2022. L'anno scorso, il numero di picchi è salito ancora fino a 155: 118 sono quelli registrati nei soli primi sei mesi del 2023. Significativo il mese di febbraio dello scorso anno in cui i picchi sono stati ben 34.
Insomma nella fabbrica «più pulita del mondo», come l’ha definita il neo commissario di Acciaierie d’Italia Davide Tabarelli, proseguono secondo gli esperti, continuano a generarsi diffusioni nocive: è stata infatti la Asl di Taranto a chiarire che pur restando al di sotto dei limiti di legge, le emissioni di benzene possono causare danni alla salute di operai e cittadini. E soprattutto di bambini. L’azienda sanitari ionica, sulla base dei numeri forniti da Arpa, ha redatto una relazione circa un anno fa sulla base della quale il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, ha firmato l'ordinanza che imponeva lo spegnimento degli impianti dell'area a caldo. La vicenda, pende ora dinanzi al Tar di Lecce che dovrà stabilire la legittimità del provvedimento.
Sulla cosiddetta «emergenza benzene» si sono accesi anche i fari della procura di Taranto che ha iscritto nel registro degli indagati l'ex ad di Acciaierie d'Italia, Lucia Morselli, e l'ex direttore della fabbrica Alessandro Labile: ai due è stato notificato un avviso di proroga delle indagini condotte dai carabinieri del Noe di Lecce e coordinate dai pubblici ministeri Francesco Ciardo e Mariano Buccoliero. I reati contestati al momento sono inquinamento ambientale e rimozione dolosa di cautele sui luogo di lavoro. L'inchiesta della magistratura, supervisionata dal procuratore della Repubblica Eugenia Pontassuglia, mira non solo a stabilire se vi siano o meno responsabili per queste emissioni, ma anche sulla gestione dei fondi concessi dallo Stato, fino ad alcune settimane fa socio nella gestione della fabbrica insieme al colosso ArcelorMittal, e alla manutenzione degli impianti.