BARI - Un’altra ipotesi di reato cade travolta dalla prescrizione. È quella che riguarda la rivelazione colposa di segreto d’ufficio che l’ex pm di Trani, Antonio Savasta, avrebbe compiuto rendendo nota l’esistenza di un fascicolo di indagine sull’Eni nato dalla (falsa) lettera anonima che l’avvocato siciliano Piero Amara aveva spedito al procuratore Carlo Capristo.
Il Tribunale di Potenza ieri ha dichiarato il non doversi procedere, dopo che un’altra accusa collegata al «complotto» (la calunnia contestata a Capristo) era stata dichiarata prescritta in udienza preliminare. E dunque il processo andrà avanti solo sull’accusa più grave: quella secondo cui tra il 2015 e il 23 luglio 2019 Capristo, in cambio del «costante interessamento» da parte di Amara per la sua carriera, e «per ottenere i vantaggi economici e patrimoniali in favore del suo inseparabile sodale» Giacomo Ragno, avrebbe piegato la sua funzione di procuratore di Taranto agli interessi dei vertici dell’ex Ilva.
Nel processo davanti al collegio presieduto dal giudice Rosario Baglioni è rientrato Amara, dopo che per tre volte la sua richiesta di patteggiamento è stata respinta. È invece uscito definitivamente Savasta, dopo che il Tribunale ha accolto l’istanza della difesa (avvocati Massimo e Riccardo Manfreda) secondo cui la prescrizione andava calcolata a partire dal 22 aprile 2016, data in cui il falso anonimo che mirava a colpire i vertici Eni era stato trasmesso da Capristo alla Procura di Siracusa. Respinte invece anche tutte le questioni preliminari sull’inutilizzabilità delle intercettazioni e sull’incompetenza territoriale dei giudici lucani: alla prossima udienza (7 febbraio) è previsto...