Sabato 06 Settembre 2025 | 15:13

Droga e armi nel cimitero di Sava: il Comune ora chiede i danni al clan

 
cosimo lanzo

Reporter:

cosimo lanzo

Droga e armi nel cimitero di Sava: il Comune ora chiede i danni al clan

Ammonta a 50mila euro il risarcimento richiesto ad alcuni imputati coinvolti nell’inchiesta che portò alla luce i traffici dell’organizzazione

Domenica 05 Novembre 2023, 13:38

SAVA - Ammonta a 50mila euro il risarcimento richiesto dal Comune di Sava nei confronti di alcuni imputati coinvolti nell’inchiesta antidroga denominata «Off limits» che portò alla luce l’organizzazione dedita al narcotraffico che aveva nel cimitero del paese la sua base operativa.

È stato l’avvocato Andrea Starace a chiedere e ottenere la costituzione di parte civile dell’ente nella prima udienza preliminare contro i 22 imputati sui quali pende la richiesta di rinvio a giudizio presentata dal pubblico ministero Milto De Nozza. Una richiesta che contempla principalmente i danni di immagine subiti dal Comune di Sava quando i dettagli dell’inchiesta dei carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Taranto vennero alla luce raccontando come una parte del clan guidato da Giuseppe Buccoliero, 54enne conosciuto come «Peppolino Capone», aveva trasformato il camposanto in una zona privata.

Le attività investigative condotte dai militari dell’Arma e coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce hanno inoltre coinvolto anche imputati residenti tra Sava, Manduria e Francavilla Fontana.

«Qua è tutto off limits» dicevano alcuni di loro ignari di essere intercettati riferendosi al cimitero del comune messapico ritenuto un luogo sacro, ma per motivi illeciti. Tra i loculi e le tombe, infatti, il clan di Buccoliero, ritenuto il principale esponente della criminalità savese, nascondeva droga e armi. Dal quel luogo sacro insomma venivano gestiti fiumi di droga che da Francavilla arrivavano a Sava e venivano poi smerciate nelle diverse piazze di spaccio. Secondo il pm De Nozza era proprio «Peppolino» a guidare il gruppo e a dettare le regole per lo smercio di droga nel paese. All’alba del 23 marzo scorso, il gip di Lecce Alessandra Sermarini aveva disposto la detenzione in carcere per lui e per Angelo Bernardi, Cosimo De Santis, Daniele e Massimiliano Leone, Antonella Panariti, Antonio Panariti, Cataldo Panariti, Teresa Panariti, Cosimo e Pasquale Storino. In carcere quel giorno sono finiti anche Carlo e Daniele Di Palmo entrambi di Francavilla e individuati come i fornitori della droga. Ai domiciliari, invece, sono stati costretti Stefano Russo, il tarantino Cristian Urbano, Monica Paderi e Amerigo D’Uggento.

La consorteria criminale savese, secondo quanto emergeva dalle 396 pagine dell’ordinanza, si sviluppa «primariamente» a livello familiare: sono i Panariti a essere impegnati a vario titolo nel traffico di stupefacenti e in particolare Antonio Panariti, considerato il «braccio operativo» del boss Buccoliero nelle fasi di approvvigionamento e distribuzione dello stupefacente. Teresa Panariti e suo marito Cosimo Storino gestivano invece dalla loro abitazione «un fiorente mercato di stupefacenti».

Lo stupefacente, trasportato da Francavilla a Sava da Antonio Panariti e dalla sorella Teresa, veniva poi custodito nelle abitazioni di alcuni familiari: il gruppo poteva inoltre contare su «un nutrito gruppo» di pusher su cui il controllo, per il pm De Nozza, era totale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)