TARANTO - Le temperature rigide scoraggiano le uscite dei tarantini, anche quando si tratta di salute. Al Pronto soccorso dell’Ospedale “Santissima Annunziata” in queste giornate gelide ci sono stati momenti in cui medici e pazienti erano quasi in egual numero. Quasi. Domenica mattina quando la temperatura è scesa ulteriormente, originando sporadici fiocchi di neve, al Pronto soccorso si contavano 8 pazienti in attesa e 5 medici che però si accavallavano tra un turno e l’altro. Nei mesi passati la «Gazzetta» ha seguito da vicino le difficoltà del Pronto soccorso di Taranto, raccontando il numero ridotto di personale sanitario, riflesso di una complessa politica regionale e nazionale. In questi giorni, pur non calando sensibilmente il numero totale dei codici che transitano dal PS, i cui picchi più critici da smaltire e gestire rimangono quelli delle 12 e delle 19, si registra una distribuzione a macchia di leopardo. E la mattina coperta da tre medici, così come il pomeriggio, presenta un presidio meno affollato.
Medesima condizione nei PS del territorio tarantino. Momenti in cui i dati, probabilmente per le condizioni atmosferiche non clementi, hanno fatto ben sperare, ma il totale di fine giornata, soprattutto nella notte, non comporta grosse variazioni. E quindi l’andamento settimanale ha visto a Castellaneta una media di 50 ingressi, a Manduria 40, a Martina Franca 65, a Taranto 140 con un calo evidente nel fine settimana comune a tutti. Dettaglio questo che dovrebbe far riflettere sui codici e sull’importanza percepita dai pazienti rispetto a quella assegnata dal personale sanitario. Nel weekend hanno, con grande probabilità, frequentato i Pronto soccorso i codici che effettivamente necessitavano di questo soccorso. La pandemia ha sparigliato le carte e i numeri ante Covid non sono più una realtà, ma «l’algoritmo per una più efficace gestione dei Pronto Soccorso, del tarantino, quanto dell’intero Paese, - evidenziano i medici che hanno assorbito queste dinamiche – è costituito da più sanitari e meno pazienti, o comunque meno codici rossi».
L’analisi della gravità dei codici è essenziale e richiede sinergia con gli operatori sanitari che operano sul territorio, a partire dai medici di medicina generale. È di qualche settimana fa l’episodio verificatosi al PS dell’Ospedale “Giannuzzi” di Manduria. In coda una donna di mezza età che attendeva di essere «visitata da un ortopedico». Si era recata con le sue gambe, senza alcuna menomazione a deambulare, «su suggerimento del medico di famiglia» aveva riferito, indicando una radiografia che, sempre a quanto riferiva, era stata prescritta dal medico, ma doveva essere «interpretata dallo specialista del Pronto Soccorso». Insomma, la signora in questione, non aveva alcuna emergenza o urgenza, ma ciò che le aveva consigliato il medico di fiducia aveva finito con il determinare un comportamento errato, non idoneo. «La signora – commentano i medici che operano nei PS – era nel luogo sbagliato per ciò di cui necessitava. Questo episodio è solo uno tra i tanti che affollano il PS, rendendolo inadeguato per le cure che può erogare». Sono in tanti a semplificare un guaio nazionale, facendo appello ad una migliore formazione del personale sanitario che potrebbe indicare i percorsi corretti senza che, per liberarsi dell’impiccio, si arrivi ad imbottigliare il reparto dell’Ospedale preposto alle prime cure in situazioni di emergenza. «La questione rimarrà irrisolta – concludono i medici - sino a quando i cittadini prenderanno d’assalto il Pronto Soccorso, rendendolo un ambiente professionale in cui lavorare comporta sacrifici insostenibili. Perché ciò si traduca in fatti, servono tempo e personale sanitario formato su tutto il territorio, non solo gli eroi che ripetono le notti e reiterano turni senza sosta».