Sabato 06 Settembre 2025 | 18:40

Taranto, sul sindaco il pressing dell'associazionismo

 
Giacomo Rizzo

Reporter:

Giacomo Rizzo

Taranto, sul sindaco il pressing dell'associazionismo

«Melucci firmi una nuova ordinanza di chiusura»

Sabato 10 Luglio 2021, 13:44

Taranto - «Siamo qui per illustrare le nostre richieste indirizzate al sindaco di Taranto e al presidente della Regione Puglia perché usino le armi legali per difendere la vita e la salute di noi tarantini e porre fine a questa colossale presa in giro che si trascina da troppi anni». Non si ferma il pressing degli ambientalisti nei confronti degli enti locali. Le associazioni (Donne e Futuro per Taranto libera, Comitato per la Salute e per l’Ambiente, Associazione Genitori tarantini, Associazione Peacelink, Comitato Art. 32 - Diritto alla Salute, Comitato Quartiere Tamburi, LiberiAmo Taranto e Lovely Taranto) hanno scritto una lettera a sindaco di Taranto e presidente della Regione Puglia, avente come oggetto il verdetto del Consiglio di Stato e il Dpcm del 2017.

I giudici amministrativi, ha spiegato Massimo Castellana, portavoce dell’associazione Genitori Tarantini Ets, nella sentenza che ha ribaltato la sentenza del Tar annullando l’ordinanza del sindaco Melucci di fermata dell’area a caldo hanno scritto che «l’inquinamento prodotto da Ilva è un fatto ormai pacifico, quindi accertato. Nonostante questo, il Consiglio di Stato ha deciso che quella produzione a carbone deve continuare. Ricordiamo ancora una volta che sono impianti non a norma, già sequestrati dal 2012, e che per una legislazione speciale, dedicata esclusivamente a Ilva, una cosa forse unica in tutto il mondo, lo stabilimento può continuare ad avvelenarci, ad avvelenare i nostri figli, provocare malattie e morte».

Attraverso la lettera le associazioni ricordano «al presidente della Regione e al sindaco di Taranto che ci sono tutte le condizioni per impugnare la sentenza del Consiglio di Stato dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 111 della Costituzione, comma ottavo, per motivi attinenti alla giurisdizione». Nello stesso tempo «chiediamo - viene specificato - di sollecitare la trattazione dei ricorsi proposti sia dal Comune di Taranto, sia dalla Regione Puglia, per l’annullamento del Dpcm del 29 settembre 2017, già pendenti al Tar del Lazio, e di richiederne la sospensiva per la situazione di pericolo accertato anche dalla sentenza del Tar di Lecce che ha confermato l’ordinanza di chiusura area a caldo».

Per di più - sostengono le associazioni - sono «emerse altre evenienze che hanno aggravato la situazione presa in considerazione dal Tribunale salentino, quali la rilevata inadempienza alle prescrizioni Aia relative alla batteria 12 delle cokerie, nonché la Valutazione del danno sanitario (Vds) di recente resa da Arpa, Asl di Taranto e Aress, che aggiorna le precedenti, rilevando come tuttora vi sia un rischio elevato per la salute e, sotto alcuni aspetti, maggiore rispetto a quanto riportato nelle precedenti valutazioni, tanto da venire definito come inaccettabile». Il sindaco può «avviare - ha detto ancora Castellana - una nuova istruttoria che, tenute in considerazione le sopraggiunte novità, nonché quanto dedotto dal Tar di Lecce, potrà essere posta a base di una nuova ordinanza con la quale disporre la chiusura dell’area a caldo. Una ordinanza efficace e immediata e speriamo che il Tar, qualora debba essere di nuovo interpellato dai gestori dell’azienda, possa decidere subito».

L’ex consigliere comunale di Taranto Lina Ambrogi Melle, presidente del Comitato Donne e Futuro per Taranto libera, ha ribadito che «chiedere la sospensiva del Dpcm 2017 sarebbe un atto politico importante ed ottenerla significa fermare gli impianti che ancora oggi non sono a norma. Ormai è certificato a tutti i livelli che viviamo in una situazione di rischio e ci sono anche delle condanne come quella della Corte di Strasburgo». Il governo, ha chiosato l’attivista, «continua a prenderci in giro e a portarla avanti per le lunghe dicendo che vogliono fare un’acciaieria green. L’accordo di programma di cui parlano Comune e Regione deve partire dallo smantellamento degli attuali impianti e dalle bonifiche. Non si può pensare di aggiungere agli altoforni a carbone e alle cokerie altri forni elettrici al solo fine di aumentare la produzione e creare reddito».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)