TARANTO - La scuola ai tempi del coronavirus con studenti e prof che lavorano da casa e genitori costretti a fare la loro parte. Ma l’anno scolastico ha già cominciato il suo count-down mentre ancora non ci sono regole chiare e, soprattutto, le previsioni a settembre non lasciano sperare nel superamento della fase critica. Insomma, cosa sta accadendo nel mondo educativo? Lo abbiamo chiesto a Fabio Mancini, formatore, docente di Italiano e Storia all’Istituto Archimede, di Didattica Generale presso la Facoltà Teologica Pugliese e di Pedagogia Sociale alla Lumsa, ed ancora autore di numerose ricerche e testi monografici (“Socrate ed Aristotele alle elementari”, 2006, “Filosofia per bambini”, 2015).
Prof. Mancini, che cosa stiamo vivendo?
Una situazione paradossale. Quando tutto sarà finito, dovremo rivedere le modalità dell’approccio didattico.
Intanto, un primo bilancio sulla “dad” (didattica a distanza)?
E’ un’esperienza straordinaria che, però, ha comportato impreparazione della società, della scuola e della classe docente. Ma in tutto questo ci sono criticità e opportunità.
Partiamo dalle prime…
Che sono di natura tecnica. Non tutti i docenti erano pronti e preparati e conoscevano i diversi applicativi proposti.
Un fattore solo di età?
No, non solo. E’ un dato che va letto come scarsa attenzione all’acquisizione delle competenze digitali a tutte le fasce di età. Accanto a ciò, c’è la difficoltà di accesso alle Tic da parte degli studenti, circa il 50% secondo i dati Istat e ministeriali, che spesso non hanno a disposizione i supporti tecnici necessari. Comunque, stanziati i fondi, molte scuole hanno già iniziato a fare pervenire i tablet agli studenti. Superati, diciamo, questi aspetti, rimane altro…
Cioè?
Il processo di insegnamento-apprendimento attiene anche alla contestualità di spazio e tempo. Concetti, invece, oggi separati. Ciò ha comportato tra gli studenti abbassamento del livello di interesse o meccanismi di disancoraggio come lo spegnimento della telecamera e del microfono. E’ stato chiesto loro senso di responsabilità ed autonomia dei processi che non sempre ci sono stati.
Torniamo ai docenti ed al grosso lavoro chiesto…
C’è stata una forte accelerazione della percezione delle attività prima diluite nel tempo ed ora concentrate a livello percettivo in tempi brevissimi, contemporaneamente e in modo subitaneo.
Ci sono state rese?
La fase critica è stata quella iniziale. Alcuni docenti hanno continuato ad utilizzare gli strumenti digitali tradizionali come il registro elettronico. Poi le scuole si sono attivate creando gli account istituzionali con una rete di supporto informale o l’attivazione di una task force di docenti tutor degli altri colleghi. E così si è andati a regime.
Studenti più piccoli e genitori in crisi…
I più penalizzati sono gli alunni della primaria e della prima fascia adolescenziale della scuola media. Come i docenti, anche i genitori sono stati incapaci nella fase iniziale di gestire i figli nella organizzazione delle consegne e nell’accesso. Si è fatto uso di whatsapp, del registro elettronico e finalmente dei nuovi ambienti virtuali. Il problema rimarrà comunque fino a quando non si troverà una soluzione organizzativa sistematica all’interno della scuola. Non possiamo assegnare le responsabilità della scuola ai genitori. Di fatto questa situazione di straordinarietà alla quale stanno facendo fronte può essere sopportata fino a quando i genitori non torneranno al lavoro. Perché allora si creerà inevitabilmente un’altra criticità non più scolastica, ma sociale che limiterà o condizionerà i genitori nello svolgimento delle proprie attività professionali.
Quali le opportunità, invece?
Di chi ha saputo cogliere la possibilità di migliorare i processi di insegnamento-apprendimento. Ci sono studenti che hanno notevolmente migliorato le proprie prestazioni. Lo stesso strumento tecnologico ha consentito di dare consegne non più solo trasmissive o riesecutive, ma rielaborative ed indagative.
Che cosa propone ora?
Sono fortemente convinto che la didattica abbia bisogno della sua atmosfera e del contesto umano. Ma la didattica a distanza può rappresentare un supporto successivo a quello in presenza. Dovremo, quindi, ripensare la scuola con un approccio integrato.
E come valutare i percorsi fatti?
E’ il problema più attuale ora. Finora, abbiamo valutato in modo formativo. Ma ora che ci avvinciamo agli scrutini, abbiamo bisogno di rendicontare in modo quantitativo l’impegno attribuendogli un voto. Le scuole stanno per questo deliberando strumenti di valutazione di didattica a distanza uniformi e coerenti.
Cosa fare ora? Aprire in qualche modo o no?
Occorre tutelare in primis il diritto alla salute ed il valore della salute. Le scuole devono restare chiuse ed eventualmente riaprire a settembre dopo aver accertato un rischio di contagio limitato e quasi tendente allo zero per quegli studenti che registreranno insufficienze.
In conclusione?
Va dato atto della grande professionalità e competenza del corpo docente che ancora una volta sta transitando la società verso una nuova generazione di studenti.