Se qualcuno pensa che la comicità sia solo barzellette e battute da bar, Maurizio Battista è pronto a fargli cambiare idea. Il suo «Only Maurizio» show arriva a Lecce il 24 e 25 ottobre, al Teatro Apollo, «Ma saremo in venti sul palco», promette l'attore e conduttore romano, che sa trasformare un litigio con la moglie, una visita dal dentista o il suono del forno a microonde in un numero da standing ovation. Sul palco con lui una band di 15 elementi diretta da Demo Morselli e Marcello Cirillo, poi Manuela Villa e Antonio Mezzancella, per un intreccio di comicità e musica tra improvvisazione, aneddoti personali e riflessioni sagaci, dove l’ironia serve a raccontare la vita senza prendersi troppo sul serio.
Battista, due date nel Salento e un pubblico che la segue da tempo con affetto: qual è il segreto?
«Intanto sono sempre felice di tornare in Puglia, Lecce poi non ha bisogno di presentazioni. Parto da un presupposto: a me in primis non fanno ridere tutti i comici. Mi piace chi sa quello che dice, l'ha vissuto davvero e lo trasmette. Mi diverto a fare questo lavoro, ci sono miei spettacoli che durano tre ore, non volevo più andarmene, e neanche il pubblico. Quando sono sul palco, non lo faccio perché "devo", ma perché mi piace, mi diverte».
Nello spettacolo c’è anche tanta musica...
«Sì! Una band completa, canteremo anche tutti insieme, con il pubblico. Mi piace che chi esca da un mio spettacolo pensi la stessa cosa di chi esce da un buon ristorante: “Ho mangiato bene, mi sono divertito, ho passato una bella serata”. Non vado sul palco a fare il filosofo o il profeta, vado a raccontare un po’ di fatti miei: a casa non mi ascolta nessuno, almeno qualcuno mi sente (ride, ndr.)! A me basta stare in famiglia e arrivano le ispirazioni».
La sua comicità parte dalla vita quotidiana. Cosa le dicono più spesso le persone che ti incontrano?
«Nella vita ho avuto un po' di momenti difficili, qualche litigata, problemi di salute. Per fortuna certe cose sono passate, ma io le racconto, e la gente ride, ma sa che è tutto vero. Mi chiedono spesso: “Come stai?”, ed è la cosa più bella, perché racconto anche i dolori, e loro si riconoscono».
Oggi la stand-up comedy è un genere fortissimo in Italia: secondo lei si può ridere di tutto o ci sono ancora tabù?
«Intanto bisogna distinguere, perché c'è anche in giro tanta "monnezza". Se fatta bene, la stand-up comedy è difficile, ma vedo anche troppa superficialità. Oggi si può dire tutto, ma dipende da "come" lo dici. Se entri in scena con l’aria di chi vuole offendere, non funziona. Prendere in giro qualcuno sul personale, non mi piace. Anche la volgarità, una volta serviva, 25 anni fa dicevi una parolaccia e la gente rideva. Adesso no, è cambiato tutto. La gente vuole andare in profondità e riconoscersi nelle cose della vita. È questo che racconto».