Sabato 06 Settembre 2025 | 15:06

Nel «Padre Pio» di Abel Ferrara oltre le stimmate c’è l’uomo sospeso tra lotta e grazia

 
Livio Costarella

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Livio Costarella

Nel «Padre Pio» di Abel Ferrara oltre le stimmate c’è l’uomo sospeso tra lotta e grazia

Il regista spiega i retroscena del film, domani nelle sale italiane: «Il lavoro è cominciato dalla stanza dove viveva da bambino»

Mercoledì 17 Luglio 2024, 12:42

Forse solo Abel Ferrara, con il suo cinema degli ultimi, di chi vive ai margini, dei personaggi relegati nei bassifondi dalla vita, poteva girare un film su Padre Pio. Non tanto perché Francesco Forgione (il vero nome del Santo) troverà la sua vocazione dopo la devastazione della Prima Guerra Mondiale, nell’assistenza ai poveri e ai derelitti. E neanche perché lo stesso regista statunitense, che da vent’anni vive a Roma nel quartiere Esquilino, è notoriamente devoto a Padre Pio. Ma perché nella figura del Santo di Pietrelcina, interpretato magistralmente da Shia LaBeouf - altro attore in piena crisi mistica, che proprio grazie a questo ruolo si è convertito al cattolicesimo - convergono molti dei temi cari a Ferrara: il percorso mistico, la lotta con il diavolo, la redenzione.

Padre Pio, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2022, esce adesso finalmente in tutte le sale italiane, e soprattutto in Puglia, dov’è stato girato (a Monte Sant’Angelo, e in parte a San Marco la Catola): distribuito da RS Productions, è una coproduzione tra Italia e Germania, prodotto da Maze Pictures, Interlinea Film e Rimsky Productions, in associazione con Carte Blanche, e realizzato con il contributo di Apulia Film Fund di Apulia Film Commission e Regione Puglia. Nel ricco cast, anche Cristina Chiriac, Marco Leonardi, Asia Argento, Vincenzo Crea, Luca Lionello e Salvatore Ruocco.

Il film è ambientato nel 1920, quando la storia del religioso ha inizio. Arrivato in uno sperduto convento di Cappuccini a San Giovanni Rotondo, sulle montagne del Gargano, Padre Pio darà inizio al suo ministero e al cammino religioso personale, in cui la misteriosa apparizione delle stimmate coinciderà con un tragico evento che cambierà il corso della storia mondiale. «Questo non vuol essere un film sui miracoli - spiega Ferrara - ma sull’uomo Francesco Forgione, visionario fin dall’infanzia, un giovane inquieto e dubbioso, che lotta per la vocazione e il suo posto davanti a Dio».

Lei aveva anche girato un documentario qualche anno fa su Padre Pio. Questa è una evoluzione»?

«È stato un lavoro di ricerca, fatto insieme a Maurizio Braucci che ha firmato insieme a me la sceneggiatura del film. Siamo partiti proprio dalla sua stanza dov’è vissuto da bambino, e abbiamo ripercorso lo stesso viaggio, fino a San Giovanni Rotondo».

Ci sono dei punti in comune tra il Pasolini da lei raccontato, quasi 10 anni fa, e questo Padre Pio?

«Intanto sono entrambi italiani e molto noti in ambito internazionale. E nei loro scritti c’è tutta l’anima di persone che in questo mondo hanno lottato duramente per far sentire la propria voce, esprimendo i loro conflitti, ma anche la grazia delle loro azioni».

In che modo gli insegnamenti di Padre Pio hanno influito anche sulla sua vita privata?

«Ciò che ho sempre ammirato in lui è la maniera con cui si prendeva cura delle persone. Cosa riusciva a dare alla comunità, il senso di compassione che riusciva a trasmettere. E tutto ciò senza mai risparmiarsi. In questo per me è stato un grande esempio».

Che atmosfera c’era a Monte S. Angelo sul set?

«Era davvero incredibile, sembra che il tempo lì si sia fermato e tutto respiri dell’anima di Padre Pio. Dal linguaggio ai piccoli gesti. Quei luoghi mi hanno ricordato la vicinanza con mio nonno, originario di Sarno, in Campania. Era coetaneo di Forgione, erano nati a pochi chilometri di distanza e hanno condiviso gli stessi valori e la medesima cultura».

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