La devozione, in generale, è un atto della virtù della religione, un atto della volontà con il quale l’uomo si offre a Dio, si dona con sollecitudine al suo servizio. Da principio la devozione era dovuta soltanto a Dio, e tuttavia a volte si parlava di devozione mariana, di persone che avevano molta devozione a questo o a quel santo. San Tommaso d’Aquino spiega che la devozione che si ha per i santi è sempre diretta a Dio, in quanto “nei suoi santi veneriamo in realtà Dio che li ha colmati di grazia e santità”.
Nella Chiesa il culto e la devozione verso la Madonna sono molto antichi. Nascono dalla realtà della sua maternità divina e dal ruolo che Cristo le ha riservato nell’economia salvifica. La Madonna è la Madre di Dio, Theotokos, e Madre nostra.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato l’11 ottobre 1992, offre un’ottima sintesi sul culto della Madonna nel numero 971. Sulla base del Concilio Vaticano II e dell’Esortazione apostolica Marialis cultus, ricorda che la pietà mariana è un elemento intrinseco del culto cristiano; che lo speciale culto con il quale la si venera è essenzialmente differente dal culto di adorazione riservato alle Persone divine.
Infine, afferma che questo culto trova la sua espressione nelle feste liturgiche dedicate alla Madre di Dio e nella preghiera mariana come il Santo Rosario.
La devozione verso la Santissima Vergine che, come abbiamo visto, ha radici tanto profonde nella vita della Chiesa, è ed è stata logicamente presente nel corso dei secoli nella vita dei suoi figli.
Questo in generale. Poi in particolare ognuno di noi ha una sua immagine di Madonna scolpita nel cuore e nella mente. C’è chi ricorda la Madonna Addolorata che sul finire della Settimana Santa viene portata in processione, alla ricerca di suo figlio Gesù.
E chi invece è legato alla Madonna con Bambino, figura molto materna, con Maria raffigurata triste, tanto da chinare il capo con lo sguardo perso nel vuoto, perché conosce il destino che attende il figlio.
Tra le icone sacre di Puglia e Basilicata più suggestive, c’è sicuramente quella del santuario rupestre di San Marzano di San Giuseppe, dove il culto mariano dimora tra gli ulivi, sin dall’alto medioevo in una lama che divideva il feudo di San Marzano da quello di Grottaglie all’interno del territorio Castrum Carrellum, una zona militare denominata “defensa di San Giorgio”. Fu il luogo di un insediamento rupestre che ha lasciato i segni di una comunità profondamente religiosa. C’è chi afferma che proprio davanti al santuario passavava una strada antichissima e sostiene essere addirittura la via Appia. Gli albanesi giunti nel XVII secolo, spintisi a coltivare le terre fino al confine assegnatogli in enfiteusi perpetua dal capitolo di Taranto, riaprirono la chiesa ipogea. Ripresero ad officiare “more graeco” e istituzionalizzarono le due grandi feste theomitoriche (della Madre di Dio): il 2 luglio la “Deposizione delle vesti” e il 15 agosto la “Dormizione della Vergine”.
Sulla conformazione attuale della chiesa ipogea, abbastanza ampia per la sua tipologia, gli studiosi concordano nel considerarla una fusione di due chiese rupestri realizzata per mano albanese. Un setto di roccia divideva due cripte contigue, quella di San Giorgio e quella della Madonna delle Grazie che oggi si presentano in un ambiente unico con quattro colonne scavate nella roccia. Per accedere al Santuario si scende per un’ampia scalinata che porta nella lama e poi una scaletta porta all’ingresso della chiesa. L’accesso è laterale e l’asse prospettico che non guarda l’altare permette di scoprire i volumi e i tesori di questa chiesa poco per volta.
L’ambiente in cui si scende è quello della chiesa di San Giorgio, poi accorpata a quella della Madonna delle Grazie, dove, sulla destra, si trovano le icone di Santa Barbara e di San Giorgio a cavallo che uccide il drago. Si noterà la ricchezza delle vesti della santa. L’icona di San Giorgio, del XIV secolo, è di fattura più tarda rispetto alla Santa Barbara che gli sta accanto. Cavallo bianco, mantello rosso, spada nella destra e redini nella sinistra, sono l’immagine di ordinanza che trova i suoi simili nelle raffigurazioni di Mottola, Massafra, Faggiano e Laterza. Attraversato interamente il basso ambiente dell’ex chiesa di San Giorgio si giunge nella navata principale, un tempo chiesa a sé stante. Intorno al XVII secolo gli albanesi, nuovi frequentatori della chiesa, decisero di alzare la volta della chiesa. L’effetto è indescrivibile, il volume esplode e si riempie di una luce che cade dall’alto e che divide, di fatto, i due ambienti. In fondo alla navata, su un blocco di tufo, è dipinta la Vergine con Bambino. La forza di questa icona risiede insieme nella fissità dello sguardo e nella dolcezza della situazione. Per come tiene il figlio sul braccio sinistro e per come lui la abbraccia cingendole il collo non è la solita icona rigida e inespressiva, è una mamma.
La mamma che veglia su di noi e riempie i nostri cuori.