Giugno «magro», con spiagge vuote soprattutto per le piogge. Luglio così così e agosto promette di essere in calo rispetto agli anni precedenti, con la «sbornia» della ripresa post-Covid. Ma secondo le associazioni dei balneari la colpa del bilancio 2025 non è dei rincari per l’ombrellone e le sdraio, ma del caro-vita. Un tema, questo, che sta dividendo anche la politica, tra chi attacca il Governo Meloni per non aver fatto abbastanza a favore dei salari e chi ne difende l’operato.
Le previsioni parlano chiaro secondo Chiara Braga del Pd: il sindacato dei balneari stima un calo del 15% degli affitti degli ombrelloni rispetto al 2024, e per le associazioni degli albergatori il segno meno è ormai inevitabile. L’inflazione, intanto, continua a crescere, con un aumento del 34% dei prezzi delle strutture ricettive rispetto al 2020, mentre i salari reali, secondo l’Ocse, sono diminuiti del 7,5% dal 2021. «L’estate 2025 sarà ricordata come una delle più care e meno frequentate degli ultimi anni per il turismo balneare italiano. Ombrelloni e lettini arrivano a costare fino a 90–120 euro al giorno in Sardegna, Salento e Versilia, con punte di oltre 900 euro negli stabilimenti di lusso. Un salasso - accusa il senatore Mario Turco, vicepresidente del M5S - che sta svuotando le spiagge nei giorni feriali, con cali di presenze fino al 30%. Di fronte a questa situazione, la ministra Santanchè si limita a dire che “in Italia si paga meno che in Grecia o in Spagna”. Ma i dati dimostrano il contrario: nelle Baleari e nelle isole greche i prezzi medi per due lettini e un ombrellone oscillano tra i 12 e i 20 euro, ben al di sotto di molte località italiane». Non solo tariffe, però, secondo Turco. «Il vero problema è strutturale: il sistema delle concessioni balneari in Italia è bloccato da decenni, dominato da proroghe automatiche che impediscono la concorrenza e mantengono i canoni demaniali a livelli irrisori, spesso inferiori all’1% degli incassi reali. 'In assenza di gare pubbliche trasparenti, i concessionari possono aumentare le tariffe senza reali limiti, penalizzando famiglie e turisti e riducendo l’accesso al mare, mentre le spiagge libere restano». Sarebbe giusto, secondo i pentastellati, che i listini prezzi degli stabilimenti «siano commisurati ai canoni di concessione, introducendo un rapporto massimo tra quanto si paga allo Stato e quanto si chiede ai cittadini. Non è accettabile che chi versa poche centinaia o migliaia di euro l’anno di canone possa imporre tariffe giornaliere da capogiro».
Ma quale crisi, ribattono da Fratelli d’Italia. «Per il mese di agosto, ed in particolare per le due centrali a cavallo con il Ferragosto, il turismo montano registra i dati migliori (47,4%) con punte al di sopra del 50 per cento in prossimità del Ferragosto. Complessivamente, per l’estate in montagna - dice Gianluca Caramanna, responsabile del Dipartimento Turismo FdI - si stimano oltre 6,8 milioni di arrivi (+4,8% rispetto all’estate 2024). In generale, per il quadrimestre da giugno a settembre si valutano 70 milioni di arrivi (5 milioni in più, pari al +7,69%, sul 2024), con un giro d’affari da 15 miliardi di euro per le prenotazioni alberghiere. Ma quello che va segnalato è il 43% di prenotazioni per i soggiorni di ottobre registrato già a giugno, importante indice della capacità di destagionalizzare l’offerta turistica italiana».
Si dividono anche gli imprenditori del settore. Per il presidente di Confimprenditori, Stefano Ruvolo, «la desertificazione dei lidi balneari non è un episodio isolato, ma un problema strutturale che rischia di avere ricadute devastanti su tutto l’indotto turistico italiano», visto che a luglio in molte località costiere italiane si è registrato un calo medio delle presenze del 15% rispetto al 2024, con punte del 25% in alcune aree. Il ministro Santanché, dice, «convochi un tavolo straordinario con istituzioni, associazioni di categoria e operatori del settore per capire le cause di questa crisi e affrontarle con urgenza, individuando le soluzioni più adatte per evitare un collasso dell’intero comparto. Se non si interviene subito, nel giro di un anno rischiamo di assistere alla chiusura di migliaia di attività legate al turismo balneare: stabilimenti storici, bar, ristoranti, chioschi, noleggi e negozi stagionali». È vero, ammette Antonio Capacchione, il presidente pugliese di Sib Confocmmercio - al mare quest’anno, come non mai, i bagnanti sono venuti soltanto nel weekend, per il resto della settimana le file di ombrelloni rimangono chiuse, gli stabilimenti vuoti. Ma questo fenomeno non è dovuto al “caro ombrellone”, come qualcuno tenta di dire, piuttosto il problema reale delle famiglie italiane è che non riescono ad arrivare a fine mese. Dire che le spiagge sono vuote perché le tariffe sono alte è una presa in giro, è disonesto». Capacchione, titolare di uno stabilimento balneare nella spiaggia di Margherita di Savoia, spiega che «alcune località del Salento, come Gallipoli o Porto Cesareo, oppure la Sardegna, sono eccezioni che confermano la regola. Quest'anno la vacanza italiana è la cartina di tornasole di un paese che è in difficoltà». Di qui l’appello al Governo: «ridurre il peso fiscale sulle famiglie anche perché proprio a luglio si pagano le bollette della Tari e più in generale le tasse». Magari, così facendo, a Ferragosto - almeno nel 2026 - potrebbe esserci una ripresa.