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Ludopatia e gioco d’azzardo, cresce l’allarme in Puglia: tra le vittime anche i minori

 
Gianpaolo Balsamo

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Gianpaolo Balsamo

Ludopatia e gioco d’azzardo cresce l’allarme in Puglia

La più diffusa delle cosiddette «nuove dipendenze» è praticata dal 36% degli italiani ed è . E sono sempre di più coloro che bussano alle porte dei Serd (Servizi per le dipendenze)

Martedì 31 Dicembre 2024, 09:52

Si chiama ludopatia ed è la più diffusa delle cosiddette «nuove dipendenze». Si gioca a casa o al bar, in un’agenzia scommesse o in una ricevitoria. Si gioca perché la vincita appare «a portata di mano», si gioca per compensare «un disagio esistenziale», si gioca per «curare» le sollecitazioni ansiogene del mondo del lavoro e si gioca per colmare quel senso di «noia incombente». Ma sarà davvero proprio così?

Certo è, queste risultano essere le giustificazioni più in «voga» addotte da chi, volendo venir fuori dal tunnel infernale del gioco d'azzardo patologico, chiede aiuto agli esperti in dipendente patologiche.

Anche in Puglia, così come nel resto d’Italia, sono sempre di più coloro che bussano alle porte dei Serd (Servizi per le dipendenze) dislocati nei comuni della province per fornire interventi di prevenzione, diagnosi, cura e reinserimento di persone con disturbi legati alla dipendenza patologica (farmaco-tossicodipendenze, alcol dipendenze e gioco d’azzardo patologico) e ai loro familiari.

Diciamolo chiaramente, si tira la cinghia su tutto, tranne che sul gioco. Alla faccia della crisi che tira e che impone a tante famiglie di farsi i conti in tasca: «10eLotto», «Gratta e vinci», «Bingo», slot machine, scommesse sportive e ippiche (tanto per citare i più gettonati) continuano a «manipolare» i risparmi della gente, sempre più protesta verso l’illusione di una vincita record.

Secondo il Dipartimento delle Politiche Antidroga, che fa capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, gli italiani con un problema di dipendenza da gioco d’azzardo oscillerebbero tra i 300mila e un milione e 300mila. Una forbice troppo ampia per essere indicativa anche per il Dipartimento stesso che, nell’ultimo report pubblicato sul sito ufficiale, la definisce una stima incerta, dovuta alla tendenza dei «ludopatici» a negare il problema e alla loro riluttanza a chiedere aiuto.

Per sopperire alla sommarietà dei dati, nel 2018 l’Istituto Superiore di Sanità ha svolto la prima indagine epidemiologica in Italia con lo scopo di avere un quadro più chiaro della diffusione del fenomeno. L’indagine ha rilevato che, su 14 milioni e mezzo di italiani (pari al 36,4% della popolazione) che hanno ammesso di aver praticato il gioco d’azzardo almeno una volta all’anno, circa un milione e mezzo sono stati classificati come giocatori problematici. Questo studio ha sfatato anche il pregiudizio del prototipo del giocatore d’azzardo maschio di mezza età «poco raccomandabile».

Vero che si gioca di più tra i 40 e i 64 anni, ma è altrettanto accertato che giocano tutti e che si comincia a giocare tra i 18 e i 25 anni. Anche i minorenni che, per legge non potrebbero farlo, giocano. Il focus dell’indagine si è concentrato sui minori tra i 14 e i 17 anni e sugli over 65. A giocare maggiormente sono gli studenti del Sud Italia, seguiti da quelli del Centro e del Nord, e quasi il 20 per cento è rappresentato da donne. Il risultato è che sia nella fascia dei minori che in quella degli adulti i giocatori problematici sono il 3 per cento, pari appunto al milione e mezzo di stima accertato a livello nazionale.

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