BARI - Si chiama «Whisper» ed è il nome di un’indagine che il maresciallo Giuliano Schiano, finanziere in servizio alla Dia di Lecce fino alla sospensione per il coinvolgimento nell’inchiesta sugli «spioni» di Milano, utilizzava per giustificare migliaia di accessi abusivi alle banche dati. Un’indagine vera, quindi, per mascherare il prelievo di informazioni da passare all’ex super poliziotto Carmine Gallo che gestiva i dossier della società Equalize.
Whisper, secondo quanto emerge dalle ultime carte dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Milano che ha portato nei giorni scorsi quattro persone ai domiciliari e alla sospensione di due investigatori, tra i quali proprio Schiano, è un’inchiesta che «tratterebbe - scrivono i carbninieri di Varese - il fenomeno del traffico di stupefacenti a cavallo tra la Puglia la Calabria e la Basilicata» come tra l’altro emergeva dell’ascolto delle telefonate del finanziere. Centinaia di accessi, fino all’estate scorsa. In quei giorni, probabilmente, qualcosa si inceppa: Schiano viene infatti convocato dai superiori per spiegare il numero eccessivo di accessi al sistema. Ed è in quel momento che i vertici di Equalize cercano di andare in aiuto al loro «braccio operativo».
«Il Gruppo - si legge negli atti d’inchiesta - come in altre circostanze emerso nel corso delle indagini, si trova alle prese con accertamenti o indagini a carico di personale della Dia di Lecce» generando in Samuele Nunzio Calamucci, esperto informatico e considerato braccio destro di Gallo, e l’hacker Giulio Cornelli «la necessità di sviluppare attività o incontri a favore di Schiano al fine di non pregiudicare il loro canale di approvvigionamento di dati».
Gli investigatori lombardi appuntano che è il 28 agosto il giorno in cui si apprende che Schiano «è nuovamente coinvolto in accertamenti circa i suoi accessi al Sistema informativo interforze. Non è chiaro - aggiungono - se si tratti di accertamenti penali o amministrativi da parte dei suoi dirigenti e da cosa questi siano scaturiti». Ma si tratta probabilmente delle indagini che anche la Procura di Lecce sta svolgendo sul suo conto.
Calamucci dopo una prima telefonata fatta probabilmente su sistemi non intercettabili torna sull’argomento: «Allora, mi confermano la versione» ma non ha capito da cosa nascano le problematiche attuali: «Non riesco solo a capire una cosa... Per che c... devono fare tutti questi c... di... nel senso queste persone? Non son riuscito a capire sta roba qua... e hanno tirato in ballo minchia cariche della madonna, cioè bah, o gli scotta il c..., quindi stanno cercando di... di far porcheria per depistare...». I due continuano poi a ragionare su una versione credibile che il finanziere potrebbe utilizzare per difendersi dinanzi ai suoi superiori, ma Cornelli è soprattutto preoccupato che Schiano «possa sentirsi poco tutelato nella sua attività d’esfiltrazione» oppure «che l’esito delle sue attività non sia sufficientemente “mimetizzato” i report consegnati ai clienti e così danneggiare il militare. E allora provano a giocarsi la carte della rassicurazione: è Calamucci a suggerire la strada da percorrere con Schiano dicendogli «che noi abbiamo già chiesto a contatti alti per capire cos’è questo marasma su queste robe... Ed è una costola di qualche dossier che hanno fatto in giro sicuro...». Cornelli è d’accordo lo comunica al finanziere che intanto si prende qualche giorno di ferie. Col passare del tempo, però, il gruppo di Milano non riesce a venire a capo della situazione e così quando i discorsi tornano sulla situazione del maresciallo, chiamato cripticamente Ombra, London oppure «Il Boss» arrivano addirittura a ironizzare. Immaginando di dirgli «Tranquillo che non ti facciamo arrestare adesso, più avanti... adesso no!».