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Violenze al Cpr di Palazzo San Gervasio, si allarga l’inchiesta

 
Francesco Casula

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Francesco Casula

Psicofarmaci a migrante dopo presunta aggressione: inchiesta sul Cpr di Palazzo San Gervasio

Sono 27 gli indagati sugli incarichi pilotati nel Centro per i rimpatri di Palazzo S. Gervasio

Mercoledì 17 Luglio 2024, 07:56

POTENZA - Non ci sono solo poliziotti e medici nell'inchiesta sulla gestione del Centro per i rimpatri di Palazzo San Gervasio nel potentino, ma anche avvocati, mediatori culturali e i vertici della società Engel Italia. Il procuratore Francesco Curcio e l'aggiunto Maurzio Cardea hanno infatti firmato alcune settimane fa l'avviso di conclusione delle indagini che conta complessivamente 27 indagati: nel lungo elenco di nomi, come detto, compaiono quelli di professionisti del foro di Potenza, tutti impegnati, secondo l'accusa, ad accaparrarsi incarichi per le procedure giudiziarie che ruotavano intorno al rimpatrio dei migranti in modo da accedere al gratuito patrocinio: nomine che avrebbe ottenuto, secondo l'accusa, attraverso l'opera di convincimento fatta da un operatore del centro nei confronti degli ospiti: in cambio, secondo le indagini compiute dai poliziotti, alcuni legali avrebbe pagato “il caffè”, modalità con la quale veniva indicata la somma di denaro da versare all'operatore una volta ottenuto il mandato.

Tortura, come detto, ma anche corruzione, induzione indebita, truffa e falso: è un vero e proprio ginepraio di accuse quelle mosse a vario titolo dagli inquirenti lucani che hanno scavato a fondo per capire cosa accadeva e come funzionava quel centro all'interno del quale gli investigatori hanno riscontrato un vero e proprio monopolio dell’assistenza legale con parcelle in un caso anche di 700mila euro liquidate dallo Stato a un solo studio legale.

La vicenda deflagrò a gennaio scorso quando agli arresti domiciliari finì l'ispettore Rosario Olivieri, mentre il divieto temporaneo di esercitare ruoli all'interno di imprese fu notificato a Paola Cianciulli, rappresentante legale della società, e al marito di quest'ultima e direttore responsabile di Engel Alessadro Forlenza: entrambi sono accusati di inadempimento e frode nelle pubbliche forniture mentre solo Forlenza, già finito nel mirino della magistratura milanese per un centro simile in Lombardia, deve rispondere anche maltrattamenti nei confronti degli ospiti. Anche al medico di base Donato Nozza fu invece inflitta un'interdizione di 12 mesi dalla professione.

Proprio a Nozza, all'ispettore Olivieri e a una poliziotta, i pubblici ministeri hanno contestato il reato di tortura: per gli inquirenti sono due gli episodi in cui gli indagati avrebbero costretto con la forza due migranti ad assumere farmaci tranquillanti: entrambi «costretti a subire, contro la loro volontà, con le minacce e con la forza esercitate nei loro confronti da personale delle forze di polizia in servizio di l'ingestione e l'inoculazione di alcune dosi di farmaci tranquillanti, allo scopo di calmarli e sedarli».

I due interventi erano stati necessari per le condotte aggressive dei due ospiti del centro, che però, secondo la magistratura lucana sono state affrontate «ricorrendo a misure coercitive del tutto atipiche, perciò illegali e lesive di diritti inviolabili dell'uomo». Due episodi emblematici di una serie ben più lunga secondo gli inquirenti che hanno trovato conferme nelle testimonianze di altre soggetti che lavoravano all'interno della struttura.

Nella conferenza stampa dopo le misure cautelari, il procuratore di Potenza Curcio spiegò che «Chi dava problemi è stato trattato come delle scimmie» evidenziando infine che «la somministrazione massiva di un farmaco antiepilettico come il Rivotril a soggetti che si ritiene che possano dare fastidio all'interno del Centro, significa calpestare la dignità umana che lo Stato deve preservare».

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