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Basilicata, un tesoretto dal petrolio per risollevarsi dal Covid

 
Luigia Ierace

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Luigia Ierace

Basilicata, un tesoretto dal petrolio per risollevarsi dal Covid

Per Tortorelli (Uil), è necessaria una svolta nei rapporti coi big del petrolio

Martedì 21 Luglio 2020, 16:07

BASILICATA - «Un prestito di 200 milioni di euro, da chiedere all’Eni e alla Total, da utilizzare subito». A lanciare la proposta è il segretario generale della Uil di Basilicata, Vincenzo Tortorelli, dopo lo shock da Covid-19 che ha duramente colpito anche la regione. «Se vogliamo programmare realmente la ripartenza, abbiamo bisogno di risorse straordinarie, non possiamo contare solo sugli aiuti del Governo e sui fondi europei». Un prestito, «al netto di royalty e Ires, che andrà restituito o se vogliamo “scomputato” dalla quota annuale delle royalties per i prossimi 10-12 anni».

La Uil, quindi, va oltre l’anticipo di 1 dei 6 milioni di royalty del 2020 chiesto alla Total dal Comune di Corleto Perticara?

«Certo. L’anticipo della Total segna una svolta. Anche la contrattazione con l’Eni per la nuova determinazione di royalty ha un interesse primario, ma noi guardiamo a uno stock di risorse per mettere al sicuro lavoratori, famiglie, imprese, da spendere in un’ottica di sviluppo sostenibile».

L’idea di un “tesoretto” non è nuova per la Uil lucana che ha sempre puntato su un Fondo Sovrano?

«È la nostra idea da sempre: la Basilicata dovrebbe essere una delle regioni più ricche d’Italia. Solo l’Eni in cambio dell’estrazione del petrolio ha versato 1,6 miliardi di euro in poco meno di 20 anni. Soldi che dovrebbero essere spesi per rilanciare l’economia lucana. In tutti questi anni è mancata una visione a livello nazionale di cosa si debba fare con tutti questi soldi. La scelta del Fondo sovrano regionale si ispira a due sentimenti-guida: quello della generatività delle commodities da far attecchire alla economia di famiglie e imprese lucane, massimizzandone i risultati. Il Fondo - sul modello norvegese tradotto nelle competenze e nella strumentazione regionale - arricchito da un impiego prudente sul mercato finanziario, proietta la programmazione al futuro e al dopo-petrolio alimentando un flusso di risorse utili, sia come accumulo di “previdenza sociale” per i cittadini lucani e sia per costituire uno stock di risorse a “tesoreria regionale”, da investire nello sviluppo del territorio».

E non solo grazie al petrolio?

«C’è una relazione stretta tra i “beni comuni”, l’identità e il futuro della regione. L’ ha spiegata bene Giuseppe De Rita (Censis). Una relazione che tuttavia deve essere intessuta, architettata perché non è un dato naturale. Ci vogliono le basi di un nuovo costruire per combinare la risorsa idrica, quella appenninico-forestale e del paesaggio e quella dell’energia petrolifera».

Un pacchetto straordinario di risorse anche economiche da valorizzare?

«Nei prossimi 10-20 anni l’indotto del barile petrolifero genera 8-10 miliardi di euro, comprensivi dell’introito dell’Ires ottenuto con la negoziazione sullo Sblocca Italia. A questi valori si possono aggiungere ulteriori risorse rivenienti da politiche di valorizzazione dell’acqua (e dalle concessioni per lo sfruttamento di acque minerali attualmente incassate dalla Regione) e dei prodotti delle foreste demaniali (circa 18,6 milioni di euro di introiti all’anno). Fondo che rimarrebbe investito fino alla sua scadenza (fra 70-80 anni) e, con una gestione accorta (Norway Model), potrebbe avere un rendimento annuo medio prudenziale del 3-4% e quindi fruttare, a scadenza, circa 56-60 miliardi».
A beneficio di chi?
«L’obiettivo del Fondo non è quello di erogare immediatamente provvigioni ai cittadini, ma di creare una riserva di valore crescente, da spendere quando il petrolio scemerà, per ristorare le future generazioni, stimando una curva di invecchiamento della popolazione».

E la Basilicata deve fare i conti proprio con denatalità e spopolamento?

«Sono queste le sfide che da affrontare. Adesso, alla vigilia del rinnovo dell’Accordo di Programma con l’Eni e dopo l’Accordo con Total che segna l’avvio di Tempa Rossa, si decide il futuro e il destino della comunità regionale. È la fase più delicata che richiede una strategia frutto di reale concertazione tra i soggetti in campo, strumenti adeguati e soprattutto un metodo innovativo. Ripartiamo dal progetto “Energy Valley” e rinnoviamo all’ad Eni Claudio Descalzi l’invito, formulato da troppo tempo, perché venga in Basilicata a spiegare nei dettagli la proposta».
Cosa vorrebbe chiedere al numero uno dell’Eni?
«Descalzi ha parlato di investimenti destinati al nostro Paese per 2,3-2,4 miliardi di euro (3,5 miliardi a livello mondiale). Abbiamo bisogno di vedere le carte e conoscere come sarà attuato l’investimento, come saranno realizzati a regime i nuovi 200 posti di lavoro, quali profili professionali saranno necessari e se ci sarà futuro per i giovani lucani laureati e formati. Come Cgil, Cisl, Uil, unitariamente sosteniamo che l’impegno di Eni nel processo di transizione energetica verso un futuro low-carbon, è l’opportunità per nuovo modello di sostenibilità ambientale ed economica per la Val d’Agri. Un progetto integrato e trasversale teso a creare proprio in Basilicata un nuovo modello produttivo basato su diversificazione economica, sostenibilità ambientale ed economia circolare. Interventi di sostenibilità, innovazione e riqualificazione agricola. Un programma di investimenti allettante negli intenti, di cui non si conoscono le previsioni in termini di impatti sull’occupazione e sull’economia locali. A quanto ammonta l’investimento complessivo? Quali gli interventi con maggiori effetti? Quanti occupati e che tipo di occupazione sarà in grado di attivare? Quali i profili occupazionali necessari nel breve, medio e lungo periodo? Anche per evitare un nuovo effetto spiazzamento per il nostro mercato del lavoro e il sistema formativo regionale».

Insomma pensare al dopo petrolio...

«Abbiamo sempre sostenuto che su energie rinnovabili e chimica verde si deve basare la strategia da perseguire sul dopo petrolio in Val d’Agri e, “a ruota”, nel Sauro-Camastra, fondando il progetto di cosiddetta “svolta verde” su due elementi essenziali: la chimica verde da sviluppare nei comparti delle bioplastiche, del farmaceutico e del biosanitario e l’istituzione del fondo sovrano alimentato dalle royalties del petrolio, mettendo fine definitivamente allo spreco di tutti questi anni».
Senza comunque dimenticare il contingente e i problemi occupazionali attuali?
«Bisogna estendere il Patto di sito anche su Tempa Rossa con la Total e aggiornare quello Val d’Agri attraverso uno schema nuovo che punti a realizzare un vero e proprio Distretto Energetico. In questa direzione vanno definiti compiti e funzioni dell’“Energy Valley”. Diventa prioritario garantire posti di lavoro e contratti uguali mettendo fine alla situazione attuale che registra, ad ogni cambio di appalto e sub-appalto, posti a rischio per i lavoratori lucani e contratti differenti. Su questi aspetti la Uil, attraverso le sue categorie di settore (Feneal, Uilm, Uiltec, Uiltucs) unitamente al coordinatore dell’area di Viggiano, ha condotto da tempo e sta conducendo una battaglia dalla parte dei lavoratori lucani. Sono tante ancora le vertenze aziendali aperte. Vogliamo che si recuperi e ammoderni il contratto di sito, soprattutto in materia di ambiente, di sanità e di occupazione e che si eviti il dumping contrattuale. Dobbiamo riformulare le regole contrattuali, stabilendo meglio i perimetri e recuperando soprattutto l’occupazione locale. Si deve puntare su una capacità di sviluppo che passi anche attraverso un processo di decarbonizzazione, un progetto per le bioplastiche e i parchi fotovoltaici. Chiediamo risposte occupazionali per i cittadini lucani e lavoro per le imprese locali».
Un programma così importante richiede però sinergie?
«È importante definire “chi deve fare cosa”. Confindustria si riappropri totalmente del suo “baricentro” di azioni non limitandosi a tutelare le aziende associate ma coinvolgendo anche le piccole e medie che sono la maggioranza. Da Confindustria ci aspettiamo non solo un’attività trasparente per dirimere controversie, quanto progetti e programmi volti a favorire l’attrazione di nuovi investimenti. È l’obiettivo a cui guardare anche con il concorso di Confindustria Energia. Le compagnie petrolifere devono partecipare e contribuire allo sviluppo della nostra regione. È un richiamo alla responsabilità perché nessuno, tanto più chi produce ricchezza estraendo idrocarburi dal nostro territorio, può pensare di fuggire quando le risorse energetiche saranno prosciugate. Se qualcuno ha in mente l’idea di una Basilicata come “un limone da spremere e buttare via” lo cancelli dalla testa».

E al mondo politico, la Uil cosa chiede?

«La sfida è tutta politica, nel senso alto della capacità di praticare un’idea di futuro della regione. Il confronto con la giunta regionale - lo diciamo in stretta sintonia con Cgil e Cisl - deve cambiare per diventare più costruttivo e foriero di modifiche profonde nei mondi vitali della regione. La sfida che lanciamo è di ridefinire un vero Piano Strategico di sviluppo regionale, compartecipato e condiviso da larghi strati della società lucana. Decisivi sono i piani di settore, mettendo a posto le tante filiere produttive sconnesse. Conta il tema della sostenibilità ambientale, delle risorse energetiche, sociali, demografiche, del welfare e dell’invecchiamento. Un patto tra una forte comunità di cura, un sistema di protezione sociale, e il mondo dell’impresa e del lavoro. Un modello di sviluppo più sociale che economico a “marca lucana”».

E i tempi?

«L’attesa è durata troppo e la pazienza sta per finire. Ecco il “Documento unitario” è proprio questo: la prospettazione, senza pretese esaustive, dei terreni di lavoro comune e di nuove ineludibili scelte politiche. L’idea di fondo è che la Basilicata, con una programmazione “vera”, dovrà ripensarsi dentro un sistema che metta in sicurezza l’ambiente, rafforzi la piattaforma logistica agroindustriale e riunisca in un quadro sostenibile le risorse del petrolio e la vocazione delle aree interne, consolidando così la sua funzione non solo di cerniera ma anche di vero polo produttivo lucano “di mezzo” fra i due distretti metropolitani campano e pugliese».

Quali le priorità?

«Da tempo la Uil usa l’acronimo “Ali”: ambiente, lavoro, istruzione. L’ambiente come risorsa, il nuovo lavoro ed i mille volti della conoscenza sono i principali rigeneratori dell’economia occidentale e di quella italiana. Sono sfide per tutti e sono l’orizzonte delle nuove battaglie sociali e sindacali. Superando la tentazione che la società frantumata e sconnessa comunque potesse funzionare. Noi siamo dalla parte che rivendica cambiamenti radicali profondi. Nelle diverse dimensioni di vita delle persone e dei territori, con uno spessore etico e morale, attingendo ai valori alti di una nuova convivenza. Serve un diverso modo di governare che rimetta al centro i termini di un nuovo sviluppo del Paese, con proposte e interventi convincenti».

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