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Nella regione 6,5 milioni di galline

 

Giovedì 24 Agosto 2017, 09:32

di Marco Mangano

Non sono molti gli allevamenti di galline in Puglia e - di conseguenza - non è generosa la produzione di uova. Secondo i dati, aggiornati al 31 luglio scorso, resi noti dalla banca dati nazionale dell’Anagrafe zootecnica, istituita dal ministero della Salute presso il Csn dell’Istituto «G. Caporale» di Teramo, nella regione gli allevamenti sono 162, fra cui 1 biologico, 17 all'aperto, 31 a terra e 58 in gabbia.

In media, ogni impianto conta 40mila uccelli che producono, ognuno, 250 uova all'anno. Pertanto, nella regione ci sono circa 6.480.000 polli che assicurano 1.620.000.000 uova.

Angelo Corsetti , direttore di Coldiretti Puglia, non crede affatto che l’esiguità degli allevamenti regionali «obblighi» però a importare il prodotto: «L'Italia può contare su un patrimonio di oltre 41,6 milioni di galline accasate per la maggior parte in 1.600 allevamenti a gestione professionale. La produzione nazionale - sottolinea - è di 12,9 miliardi di uova sicure sul piano sanitario. Un quantitativo - ne è certo Corsetti - in grado di soddisfare, in pratica, l’intero fabbisogno nazionale, senza ricorrere alle importazioni».

Intanto, viene proposta con forza un’etichetta «trasparente» che estenda l’obbligo di indicare l’origine a tutti i prodotti alimentari - a partire da derivati e trasformati avicoli - svelando così il segreto sulla destinazione finale delle importazioni. Un pressing - esercitato soprattutto dalla Coldiretti - all’indomani dell’annuncio del ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina , circa l’obbligo di indicazione d’origine - da febbraio - per il grano destinato alla pasta e per il riso.

«È impensabile che a livello Ue ci si renda conto dell'importanza dell'etichettatura trasparente e della tracciabilità - dice il presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele - solo quando scoppia uno scandalo alimentare. Il percorso di trasparenza - rammenta - è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, dal 2005, per la carne di pollo, dopo i numerosi casi a rischio pandemia da influenza aviaria».

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