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Le testimonianze dei pugliesi

 
Flavio Campanella

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Flavio Campanella

Mercoledì 23 Marzo 2016, 10:29

di Anna Langone


Foggia - Da otto anni lavora nei luoghi degli attentati di Bruxelles, scende a Maelbeek, la fermata della metro devastata dalle bombe, vive e dorme in un albergo di Molenbeek, il Comune-quartiere di Bruxelles dove è stato arrestato Salah. Il foggiano Enrico Ciccarelli, per la sua attività di giornalista parlamentare europeo, è di casa dove ora regna il terrore. «Bruxelles non è paragonabile alle altre capitali europee - dice Ciccarelli - i Comuni in cui è divisa sono ciascuno come un’enclave, chiusi gli uni rispetto agli altri. Come è normale per i belgi che Ixelles sia il quartiere del Parlamento, del Consiglio e della Commissione europea dove vivono e lavorano 65mila persone separate dal resto della città, così è naturale che a Molenbeek finisca Bruxelles e cominci una zona araba, dove tutto è islamico e non c’è convivenza, come accade altrove, tra attività commerciali locali e quelle gestite da stranieri.

Perchè in Belgio la presenza degli immigrati non è integrazione, ma giustapposizione. Non è un caso che nel quartiere dove viveva Salah tutto costi meno, anche gli alberghi». Ciccarelli, direttore della tv e del sito Parleuropa, è ideatore dell’unico programma televisivo sull’attività del Parlamento europeo trasmesso dalle reti private: la «lettura» che dà della capitale d’Europa-culla del terrorista più ricercato dopo la strage del 13 novembre a Parigi è figlia della sua professione. «Salah è nato in Belgio, non è uno che dal suo Paese è andato all’estero a combattere l’Occidente crociato, come i terroristi ci definiscono. E’ uno dei tanti cittadini europei di passaporto e non nell’animo che non concepiscono l’idea di Stato, che vedono in ogni Stato una causa di divisione del popolo di Allah e per questo un nemico da abbattere. Lo Stato e nemico più grande, per loro, è l’Islam».

di Giuseppe Dimiccoli

Bartletta - È in lacrime mamma Lucia appoggiata all’angolo di via Musti a Barletta. Parla al telefono. Si dispera. Sono da poco passate le 10.30. Questa straziante scena attira la curiosità del cronista. Distrutta in volto è in viva voce al cellulare - grazie alla connessione internet di Viber - con sua figlia Marianna che sta guadagnando l’uscita dai sotterranei della metropolitana di Bruxelles dove poco prima vi è stata l’esplosione.

La voce di Marianna Caputo, 28enne da meno di un anno nella capitale d’Europa, è disperata.
«Ho vissuto il vero senso della paura pensando alle scene di panico tremo ancora - ha riferito al telefono Marianna -. La gente stava male e i loro volti erano il volto della paura».

Continua: «Ero salita in Metrò alla fermata della Gare Central poi ad un certo punto una frenata brusca. I vetri del convoglio sono venuti giù e tutto il fumo ha iniziato ad entrare. Tutti ci siamo sentiti male. Nessuno ci dava notizie. Ad un certo punto il macchinista ci ha comunicato dell’esplosione. Non potevano andare avanti ma ci ha assicurato che ci avrebbero evacuato al più presto».

«Dopo circa mezz’ora ci hanno fatto scendere e abbiamo camminato sui binari nel buio più totale. La polizia e i militari dell’esercito ci hanno aiutato e guadagnare verso l’uscita. A pochi metri da noi ho visto i feriti e i morti. Tanta gente piangeva e si disperava. È stato uno spettacolo straziante». «Nella Metrò la gente diceva che non voleva morire e tutti tentavano di usare i cellulari. Ho pensato alla mia famiglia e al mio compagno con cui convivo a Bruxelles dopo aver girovagato per l’Europa». La conclusione: «Mi sento miracolata e credo che mi abbia salvato il mio angelo custode. Posso parlare al telefono solo perchè Dio mi ha salvato. Non è giusto che in questo mondo vi debba essere questa crudeltà. In ogni caso i terroristi non la avranno vinta».
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di Tiziana Colluto

Lecce - «Sono stata fortunata. Posso dire di essere una sopravvissuta». Fiorella Giorgiani ha la consapevolezza di essere stata salvata «da una serie di coincidenze»: ha perso il treno sul quale, qualche minuto dopo, sono scoppiati gli ordigni azionati nella metropolitana di Bruxelles. Nel cuore del quartiere che ospita le istituzioni Ue, lei, 32enne di Montesano Salentino, ci va tutti i giorni, poiché lavora per una società in seno alla Direzione generale Agricoltura e sviluppo rurale della Commissione Europea.
È stato un po’ come nel film «Sliding doors»: «Ero in ritardo – racconta Fiorella – e per fortuna non ce l’ho fatta a salire su quel treno. A trattenermi è stata la telefonata dei miei che avevano saputo degli attentati all’aeroporto. Ero in attesa del convoglio successivo alla stazione Schuman. Poi, ho sentito il boato. Ho capito subito che si trattava di una bomba e l’istinto è stato quello di uscire subito dalla metropolitana e correre verso il mio ufficio. Di fronte alla fermata Maelbeek, ho avuto contezza di quanto fosse successo: in quel momento, i primi feriti venivano portati fuori, la gente scappava. È stato un lungo attimo di panico».

Poco dopo le nove del mattino, Bruxelles non era più la stessa città. «Quanta angoscia», ripete Fiorella con voce sottile. «Ho cercato subito di mettermi in contatto con gli altri amici italiani – aggiunge – ma le difficoltà sono state enormi. Le linee locali erano intasate. Siamo riusciti a sentirci solo tramite Whatsapp». L’intero centro della capitale belga è stato circondato da un perimetro di sicurezza. Impossibile entrare o uscire. Lei è riuscita a tornare a casa solo nel primo pomeriggio.

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