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La donna che lo ha soccorso: Così l'ho aiutato

 

Martedì 08 Giugno 2010, 13:51

02 Febbraio 2016, 21:54

Pierangela Natalizio, 53 anni, due figli di 34 e 25 anni, lavora per Poste Italiane. È la donna che per prima ha soccorso Paolo. Domenica pomeriggio, mentre stava venendo a Bari in auto, si è trovata davanti, in strada, il ragazzo vittima del drammatico incidente stradale. Paolo, 25 anni, coetaneo della figlia della signora Pierangela, era in una pozza di sangue, senza una gamba. La signora si è trasformata in un’eroina e con gran coraggio è intervenuta bloccando la ferita e salvando il giovane.

Signora, dove ha trovato la freddezza per agire senza perdere un attimo?

«Sono una persona d’azione ma ammetto che ho avuto un forte patema d’animo: era una situazione più grande di me. L’unica cosa che mi ha aiutato è il fatto che sono una mamma: ho due figli e come avrei potuto non intervenire? Sapevo che non avrei potuto guardarmi più allo specchio. Non so come ho trovato la forza. Era impossibile non agire. Poi, mi ha aiutato anche il corso di pronto soccorso per la sicurezza sul lavoro che ho seguito a Poste Italiane».

La signora Pierangela si stava dirigendo a Poggiofranco.

«Andavo piano - dice la signora Natalizio - poi l’auto che mi precedeva ha rallentato fino a fermarsi e ho notato un casco da motociclista sul bordo della strada. Sono scesa, mi sono avvicinata al ragazzo e il signore dell’auto mi diceva che il motociclista aveva perso la gamba. Non avevo capito ma quando ho visto bene sono corsa in auto, ho preso un grande fazzoletto e ho legato la gamba. Per fortuna il ragazzo era riverso a terra sul lato destro ed è stato più facile bloccargli il pezzo di coscia sinistra, dove era stata tranciato l’arto. Ma il fazzoletto non bastava e ho chiesto al signore di darmi la sua cintura: lui me l’ha passata subito e ha chiamato col cellulare i soccorsi specificando il caso ai carabinieri e chiedendo un’ambulanza attrezzata. È sopraggiunta un’altra auto ed è sceso un altro signore».

Che faceva Paolo?

«Io buttavo sulla sua testa acqua fresca da una bottiglia che per caso avevo in macchina. Non volevo che il giovane perdesse conoscenza. Gli ho detto: “Tesoro come ti senti?” e lui: “Chiamate mio padre” e ha riferito il numero di telefono. Uno dei due signori ha telefonato alla famiglia. Paolo ci sollecitava a far presto perché temeva di perdere conoscenza. Ma non è svenuto».

Poi che è successo?

«Sono arrivati i soccorsi. C’erano anche i genitori del ragazzo. Ero molto scossa: la cosa peggiore è la crudeltà della gente che invece di intervenire fugge. Facciamo gare e raccolte di fondi per Haiti, Telethon ecc. e poi non guardiamo ciò che accade davanti a noi. Si devono dare esempi, per i nostri figli, per i nostri nipoti».

[m. trigg.]
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