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Graziana Capurso
15 Luglio 2020
Gli spazi degli eventi hanno un'anima. Gli stadi raccontano di lacrime e sudore, i palazzetti dei concerti di abbracci e commozione. Le piazze parlano di momenti di aggregazione. Vedendo questi posti vuoti, nei mesi appena passati, ci siamo resi conto di quanto i festival dipendano dagli spazi e quanto gli spazi dipendano dalle persone. Figuriamoci al tempo del post Covid 19, dove vivere e organizzare eventi culturali è cosa ardua. Ma con le giuste accortezze, tutto sommato, si può riuscire nell'intento. Lo testimonia il grande successo del Festival del Libro Possibile tenutosi dall'8 all'11 luglio a Polignano a Mare. Un vero e proprio banco di prova per il settore che, più di altri, è ancora bloccato nel limbo governato dai rischi della pandemia.
Il test è stato brillantemente superato, tanto da poter assurgere al titolo di “nave scuola” per gli eventi dell’estate pugliese del futuro. La macchina organizzativa, con i suoi piccoli e grandi ingranaggi, si è messa in moto e ha reso possibile l’impossibile: contenere oltre 6.400 persone nell’arco di 4 giornate per permettere al pubblico di seguire in totale sicurezza una serie di eventi letterari. Ma per rodare la macchina ci vuole tempo, impegno e rigore.
«Il tentativo è riuscito. Per realizzare il Festival, con tutte le misure di sicurezza imposte dalla legge, erano necessarie grande organizzazione e fermezza - spiega l’ingegner Gianluca Loliva, braccio operativo che, assieme alla mente Rosella Santoro, si è occupato dell’aspetto tecnico organizzativo de Il Libro Possibile - la gestione logistica ha impegnato la stragrande maggioranza del nostro tempo, per consentire la buona riuscita dell’evento».
Quattro piazze di presentazione per un totale di 1.600 posti a sedere. Di questi luoghi di ritrovo, solo a 3 (i più grandi) si accedeva con un biglietto da poter acquistare online, alla cifra simbolo di 3 euro. Il risultato? Sold out in tutti e 4 i giorni, per un totale di 4.573 biglietti venduti. «Solo così abbiamo coperto l’accesso per le 3 piazze (la quarta, la Terrazza dei tuffi, con i suoi 50 posti andava a riempimento; ndr) e questo è stato fatto per creare un sorta di filtro, visto che per legge - sottolinea Loliva - è preferibile la prenotazione, in modo tale da avere un censimento dei partecipanti. Con questo metodo abbiamo sventato le defezioni dell'ultimo minuto che avrebbero compromesso tutta la gestione. Ciononostante la richiesta è stata enorme e non potendo effettuare una specie di turn over (troppo complesso perché bisogna sanificare gli ambienti per ogni nuovo ingresso) siamo stati costretti a lasciare le persone fuori».
La logistica non è stata semplice, tant’è che gli organizzatori si sono inventati un portale di acquisto dei biglietti online con un sistema di prenotazione per massimo 4 persone, che operava in funzione delle autodichiarazioni che i singoli avventori compilavano, sia che fossero parenti o no. «È stata questa la cosa più complicata da gestire. Se avessimo fatto prenotare la singola persona non avremmo mai saputo il grado di parentela del pubblico e avremmo dovuto mettere una sedia divisoria per ogni partecipante, riempendo così il 50% delle piazze. In questo modo abbiamo colmato l’80-85% dei posti a sedere. Si tratta di un meccanismo che abbiamo creato da zero e, devo dire, funziona».
La riprova si è avuta ai varchi d’accesso: il pubblico portando con sé il biglietto stampato confermava il grado di parentela, così da poter essere smistato attraverso corsie diverse e accompagnato dai volontari in zone predefinite. Se congiunti potevano sedersi vicini, altrimenti si applicava la norma del “salto della sedia”.
Il segreto di questo ottimo risultato è stato mettere al primo posto la sicurezza applicando in modo rigoroso il Dpcm del 17 maggio e le varie ordinanze del governatore Michele Emiliano: «Abbiamo applicato in modo ligio le direttive non solo sugli spazi, rispettando il distanziamento, ma obbligando l’utilizzo della mascherina, la misurazione della temperatura a tappeto, la sanificazione dei bagni e delle sedute al momento del cambio sui palchi. Per non parlare della sostituzione dei microfoni per ogni autore o del raddoppio di autisti e macchine per il trasporto degli ospiti. Tutto ha avuto un costo non indifferente. Mentre prima con una stessa auto si potevano trasportare più autori, adesso per la nostra sicurezza e la loro, abbiamo dovuto raddoppiare i mezzi, con spese che nessuno aveva previsto. Sono tutti accorgimenti che abbiamo seguito di nostra sponte. L’abbiamo fatto per amore del buon senso». Tra i temi più delicati in questo tipo di eventi c’è la paura dell’assembramento, ma grazie all’ingresso anticipato di ben tre quarti d’ora per ogni panel, è stato possibile gestire il flusso di persone senza creare calca. In più gli spazi sono stati rispettati, con file destinate anche a chi, ancora timoroso, aveva la possibilità di seguire l’evento quasi completamente isolato.
«Abbiamo cercato di applicare il massimo rigore e ci siamo riusciti ricevendo molti complimenti, a partire dal pubblico passando per gli autori, chiunque ha partecipato si è sentito protetto quasi come fosse a casa - sottolinea Loliva - ma permettetemi di dare un consiglio. Per chi in futuro voglia organizzare un evento simile, se non dovessero cambiare le leggi, basta applicare le norme in maniera ferrea e preventivare bene i costi». Il Festival, infatti, è costato intorno ai 200mila euro e la maggioranza delle spese sono state dovute al raddoppio della sicurezza e alle continue sanificazioni. «Alla gente questa premura ha fatto piacere, noi controllavamo loro e viceversa. Certo, non è un gioco da ragazzi, ma una volta affrontate le spese impreviste, la strada è quasi tutta in discesa». «La cosa che più ci ha fatto piacere - conclude poi Loliva - è che in 4 giorni non siamo stati costretti a rimandare indietro nessuno per via della temperatura sfasata. Tutto sommato, possiamo dirlo, abbiamo battuto il Covid 2 a 0». E chissà che in futuro questa modalità pionieristica di gestione degli eventi non diventi la regola.
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