Bari resta sempre nello sguardo dal ponte che Ivan Laterza, l’ingegner Ivan Laterza, getta immaginando quel mattino di luglio, sempre più vicino, in cui il traffico ripartirà lungo il nuovo viadotto genovese sul Polcevera scorrendo vivo e impetuoso come sangue dentro una vena riaperta alla vita.
«L’appuntamento è a fine luglio – spiega alla “Gazzetta” Laterza – e sarà accompagnato da una fase di rifinitura con alcune operazioni amministrative. Il nuovo ponte è un’opera tecnologicamente avanzata di cui siamo orgogliosi. Pensi che saranno alcuni robot ad effettuare i monitoraggi destinati a segnalare eventuali interventi di manutenzione da realizzare». Laterza ha messo in campo tutta la sua esperienza per Fincantieri Infrastructure, chiamata a realizzare l’opera insieme a Salini impregilo. «Voglio ricordare – aggiunge l’ingegnere barese – due cose. La prima: il nuovo ponte nasce su disegno dell’architetto Renzo Piano. La seconda: è una grande opera sostenibile dal punto di vista ambientale».
Questo cosa vuol dire in concreto?
«Che siamo di fronte a un’opera che ha una sua nobiltà architettonica. Che abbiamo un progetto concepito in modo tale da ridurre l’impatto sul territorio. Basti citare la presenza di pannelli fotovoltaici che permetteranno la produzione di energia sufficiente per il funzionamento dei sistemi al mattino, di sera e di notte».
A proposito, per la costruzione del ponte, avete aperto un cantiere che, si dice, non dorme mai. Cosa significa?
«Si lavora giorno e notte. Sono stati organizzati tre turni. Nessuna sosta per garantire un impegno di 24 ore su 24. La rapida conclusione dell’opera è un obiettivo da raggiungere per dare diversi segnali importanti al Paese. E’ stato commovente vedere l’impegno di tanti lavoratori giunti dalle aree diventate “zone rosse” a causa dell’emergenza coronavirus. Certo, all’inizio dell’epidemia ci sono stati timori e tra l’altro ci sono stati rallentamenti nella consegna di alcuni materiali; man mano, però, che aumentava l’applicazione delle misure necessarie è sorta ed è cresciuta la consapevolezza di poter lavorare in sicurezza».
Il suo impegno è duplice: tecnico e amministrativo. Come può definire l’esperienza che sta vivendo?
«Ho messo il mio lavoro a disposizione di Fincantieri Infrastructure che, insieme a Salini Impregilo, ha costituito la società consortile “Pergenova spca” per la progettazione e costruzione del viadotto. Mi occupo, insieme ad altri colleghi, della gestione contrattuale con competenze a cavallo tra il tecnico e il legale mettendo in campo l’esperienza maturata in tanti anni di opere pubbliche: dal porto di Cagliari all’alta velocità sulla Roma-Napoli. Un lavoro che porta con sé un appassionante sfida perché non c’è solo il cantiere dal punto di vista operativo. Un aspetto stimolante è stato e resta quello del confronto, a volte duro ma sempre rigoroso, franco, leale nel rispetto dei ruoli, con il commissario straordinario per la ricostruzione Marco Bucci».
E il cantiere?
«E’ stato bello vederlo nascere e crescere. In questo lavoro c’è la massima espressione, vorrei dire estetica, della tecnologia unita alla compattazione dei tempi e dei costi. Se il cantiere non si ferma è per rispettare i tempi di consegna. Una sfida, un incentivo a fare bene. A maggior ragione dopo lo scoppio della pandemia. Tutti si sono sentiti coinvolti in quest’opera: la stazione appaltante, le amministrazioni. C’era da sanare una ferita pesantissima, quella inferta dal crollo del ponte nell’estate 2018. Ci si è assunti la responsabilità, ecco. La bellezza di assumersi la responsabilità. E’ un valore assoluto a mio giudizio».
E la lontananza da casa? Da Bari?
«Distinguiamo. La mia famiglia vive a Roma e torno a trovarla appena possibile. Ho due bambini piccoli e ovviamente, di questi tempi, rientrando uso le massime precauzioni. Per quanto riguarda Bari il discorso è più complesso».
Cioè?
«Insegno il barese ai miei figli. Per me Bari resta al centro del mio essere. Ho conservato una casa a Santo Spirito perché ci tengo che i miei figli abbiano un punto di riferimento, conoscano l’origine della famiglia, le radici, la tradizione. Per me tornare a Bari è tornare alle mie radici. Un sentimento del tempo. Fondamentale».