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Fondi neri al Vaticano? La difesa chiede l'assoluzione del sacerdote di Lecce

 
Fondi neri al Vaticano? La difesa chiede l'assoluzione del sacerdote di Lecce

Il legale di monsignor Mauro Carlino, ex segretario del cardinale Angelo Becciu, ha ricostruito la vicenda dei presunti abusi ed estorsione

Martedì 21 Novembre 2023, 12:44

LECCE - «Chiedere la condanna di monsignor Carlino per me è davvero incomprensibile. L’accusa nei suoi confronti ha un significato oggettivamente mistificatorio: significa far credere che esisteva un nugolo di funzionari della Segreteria di Stato che poteva pilotare le cose, un’immagine con un effetto devastante per il Vaticano».

L’avvocato Savino Mondello, difensore di monsignor Mauro Carlino, ex della Segreteria di Stato vaticana e ora semplice sacerdote della diocesi di Lecce, ha pronunciato queste parole prima di chiedere l’assoluzione del suo assistito nella 78/a udienza del processo sulla gestione dei fondi della Santa Sede e sulla compravendita del Palazzo di Londra: assoluzione dall’accusa di abuso d’ufficio «perché il fatto non sussiste» e in subordine «per non aver commesso il fatto», e da quella di concorso in estorsione «per non aver commesso il fatto» e in subordine «perché il fatto non costituisce reato».

Mons. Carlino, ex segretario del sostituto mons. Angelo Becciu, poi rimasto all’Ufficio amministrativo col nuovo sostituto Edgar Pena Parra, partecipò alla trattativa col broker Gianluigi Torzi per la cessione delle mille azioni con diritto di voto che garantivano a quest’ultimo il controllo del palazzo di Sloane Avenue, nonostante la proprietà fosse della Segreteria di Stato. La presunta estorsione riguarda i 15 milioni di euro ottenuti da Torzi per cedere le mille golden share. Tutto questo dopo che Pena Parra aveva estromesso mons. Alberto Perlasca dalla gestione del dossier. «Non si può gabellare quella che è stata un’azione di Stato difficile, complessa, drammatica per un reato commesso da un funzionario di second’ordine», ha sostenuto Mondello. Il legale ha ricordato che le accuse a Carlino si basano su «due comportamenti: aver rafforzato il proposito criminoso di Torzi e aver agito da intermediario». Ma sono accuse che non avrebbero avuto spazio «se si fosse guardato ai fatti e senza un atteggiamento pregiudiziale e una volontà di colpire».

Anche le somme sequestrate sul conto corrente di mons. Carlino «derivano solo dal suo stipendio e da fonti familiari precedenti. Nel suo agire non c’è stato mai un fine di profitto, ha operato sempre nell’interesse della Segreteria di Stato». All’epoca dei fatti, ha ricordato Mondello, «il tema era se trattare con Torzi o agire in sede giudiziale. Ma sono altri i soggetti che hanno deciso di fare la trattativa, perché era il male minore, non certo Carlino. Il sostituto Pena Parra, d’altronde, ha rivendicato questa decisione. L’accusa mostra quindi tutti i suoi limiti quando si finisce per mettere sotto accusa non chi ha deciso, ma chi ha eseguito gli ordini».

Parlando più volte di accusa inconsistente, l’avv. Mondello ha confutato anche l’addebito a Carlino di non aver fatto denuncia, «sulla quale non aveva nessun obbligo, essendo lo stesso Sostituto al corrente di tutto, come risulta da vari documenti e anche da una lettera al Papa». Infine, secondo Mondello, che ha rievocato al proposito un ‘rescrittò papale del 2016, «la materia economica in Vaticano è coperta da segreto pontificio“: «che mons. Carlino abbia violato qualche cosa non avendo fatto denuncia è una delle assurdità più gravi in questo processo», ha concluso. Ieri l’imputato era assente dall’aula per motivi di salute. L’altro difensore, avvocato Agnese Camilli Carissimi, si è soffermata sugli aspetti della personalità di mons. Carlino, e sul fatto che «il suo lavoro in Segreteria di Stato era stato sempre caratterizzato da puro spirito di servizio». (ANSA).

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