LECCE - Arrivati alla stazione di Lecce, i viaggiatori - gli occhi all’insù e le mani serrate nella presa su trolley e valigie al seguito - si fermano a guardare il tabellone delle partenze. È come in qualunque stazione: si attende l’uscita del binario sul display, s’inganna il tempo con i compagni di viaggio, si guarda il biglietto per verificare la corrispondenza del treno. Poi, il più delle volte, si dice a gran voce il binario - a se stessi o agli altri, in caso di viaggi in compagnia; quindi si raccattano buste e valigie e si va: «Quattro? Qual è il quattro? Chiedo per sicurezza».
C’è chi, di certo più aduso alla frequentazione della stazione, ci va diretto e a passo. E chi, scena d’ordinaria apprensione, al binario ci arriva correndo. Tutti, però, non appena giunti sul pianerottolo, si fermano dinanzi alla rampa di scale: i più giovani per afferrare in presa salda le valigie; i più anziani o le famiglie con bambini, borsoni, bagagli e trolley appresso, per fare mente locale e organizzare la discesa, in assenza d’alternativa alcuna: ascensore o montacarichi che sia. E qui Lecce registra un’anomalia rispetto a qualunque altra stazione d’Italia.
A fermarsi anche solo qualche decina di minuti se ne vedono di ogni: anziani pericolanti, valigia nella mano sinistra e presa con la destra sul passamano, in cerca di stabilità; due ragazze, l’una innanzi, l’altra dietro e in mezzo un valigione nero; un ragazzino sulla quindicina, in viaggio con la madre e la sorella minore, che fa la spola tra sopra e sotto, prendendo una valigia alla volta. E poi bambini che aiutano i genitori a tenere su il bagaglio più pesante; anziane che si caricano in autonomia i borsoni; madri che spiegano alle figlie come abbassare la manopola del trolley. Persino un servizio raffazzonato di discesa valigie svolto da un signore sulla cinquantina: forse un volontario, forse un uomo in cerca di accaparrare qualche spiccio. Di certo, non contento della nostra presenza in zona. Un servizio, quello d’aiuto discesa bagagli, che talvolta - bontà loro - è condiviso con quanti, tra i più cortesi dei viaggiatori, aiutano gli altri palesemente in difficoltà. Come un ragazzo sulla ventina, alle prese con la valigia di un’anziana signora; per di più, in salita. Perché è chiaro: se la discesa ha con sé il rischio di sbilanciarsi in avanti, la salita fa correre lo stesso pericolo all’indietro, in scene di ordinario disagio, di cui è conscia anche Rete Ferroviaria Italiana.
«Siamo consapevoli dei disagi che ancora oggi numerosi viaggiatori si trovano ad affrontare e per questo stiamo lavorando per migliorare l’accessibilità nelle nostre stazioni», la comunicazione diffusa a inizio mese. Che promette l’abbattimento delle barriere architettoniche e gli ascensori di collegamento con i marciapiedi ferroviari a partire dal 2024 e da concludersi in fasi entro il 2026.
Nell’attesa, per tutti valga l’immagine di un uomo sulla sessantina, appena giunto – o rientrato - alla stazione di Lecce. Sulla testa una coppola, a spiccare sul volto un baffone un po’ retrò. Appena fatta l’ultima rampa, si toglie il copricapo, si passa una mano sulla fronte, riprende la valigia, si avvia all’uscita di piazzale Oronzo Massari, sbuffa: è il benvenuto – o bentornato – a Lecce.