LECCE - Tentata concussione, corruzione e turbativa d’asta in relazione alle attività della sezione Commerciale del Tribunale di Lecce sono le accuse contestate a vario titolo a dieci persone in una inchiesta della Procura di Potenza che stamattina ha portato all’esecuzione di cinque misure cautelari ai domiciliari.
Tra le persone arrestate c’è il giudice Pietro Errede, originario di Monopoli, recentemente trasferito al Tribunale di Bologna, oltre che un avvocato e tre commercialisti.
Tra gli indagati a piede libero dalla Procura di Potenza vi sarebbero un altro magistrato in servizio nel Tribunale di Lecce, e due avvocati, uno del Foro di Lecce e uno di Roma. Le accuse contestate a vario titolo nel provvedimento cautelare emesso dal gip del Tribunale di Potenza sono dunque di concussione, corruzione in atti giudiziari, turbata libertà degli incanti ed estorsione.
In relazione al magistrato Pietro Errede, il «quadro indiziario» descritto dal gip di Potenza parla di «un uso strumentale dell’attività giudiziaria utilizzata per procacciare utilità personali non solo al magistrato (vacanze, preziosi, device, feste) ma anche ai professionisti che ruotavano intorno a lui, che beneficiavano degli incarichi dati dal magistrato e che per questo lo ricambiavano». Il gip di Potenza, dunque, ha ordinato l’arresto ai domiciliari - eseguito dalla Guardia di Finanza - del magistrato Pietro Errede, attualmente presso il tribunale di Bologna ma all’epoca dei fatti giudice delle sezioni fallimentare-esecuzioni immobiliari nonché misure di prevenzione del tribunale di Lecce. Oltre a Errede, agli arresti domiciliari sono stati posti anche tre commercialisti e un avvocato: Massimo Bellantone, Alberto Russi, Marcello Paglialunga ed Emanuele Liaci.
Le indagini, cominciate nel settembre del 2021, si sono basate sull'ascolto di testimoni e parti offese, intercettazioni telefoniche e ambientali, sequestro di documenti e approfondimenti su tabulati telefonici, messaggi e atti giudiziari. I reati ipotizzati sono: tentata concussione, tentata estorsione, estorsione consumata e più ipotesi di corruzione in atti giudiziari.
In un aspetto dell’inchiesta, due degli arrestati avrebbero costretto privati le cui aziende erano in amministrazione giudiziaria a dare denaro poi non versato a Errede. Si era avviato - secondo i risultati delle indagini della procura della Repubblica di Potenza - «un meccanismo di reciproco scambio, fondato, da una parte, sull'assegnazione degli incarichi maggiormente remunerativi da parte del giudice a vari professionisti e, dall’altra, sull'ottenimento da parte del giudice di regalie e altre utilità».
Il gip di Potenza ha ordinato anche sequestri preventivi «nella forma diretta o per equivalente» a carico degli indagati pari al «profitto illecito conseguito». Su altri episodi di corruzione, il gip non ha concordato sull'impostazione accusatoria della Procura, che ha deciso di ricorrere al tribunale del riesame di Potenza.