LECCE - «Il Comune è ancora in pre-dissesto, ma il primo cittadino e gli assessori si aumentano lo stipendio».
Se quei «ritocchini al rialzo» si fossero verificati in un periodo diverso, forse sarebbero passati inosservati o quasi. Invece stanno facendo discutere e addirittura infuriare più di qualcuno proprio all’interno del municipio di Lecce.
Si parla degli incrementi alle indennità di funzione del sindaco Carlo Salvemini, dei componenti della sua Giunta e del presidente del Consiglio comunale Carlo Mignone. Aumenti previsti dalla legge, per carità, e approvati dall’esecutivo di palazzo Carafa lo scorso 24 gennaio. Il problema è che entrano in vigore dopo due anni di pandemia, che ha costretto tanti a fare i conti con difficoltà economiche impreviste. E ancora più imprevista è stata la consistente lievitazione dei costi energetici, che ha dato il colpo di grazia, facendo abbassare per sempre, in città così come un po’ in tutta Italia, le saracinesche di tantissime attività economiche e mettendo in difficoltà le famiglie.
La specificità del Comune di Lecce, semmai, è nel fatto che la stessa Amministrazione Salvemini, nel gennaio del 2019, ha deciso di far partire la procedura di riequilibrio del bilancio in profondo rosso (il cosiddetto «predissesto»), per il quale è sempre al vaglio della Corte dei Conti. Un provvedimento «lacrime e sangue» che non consente - e non lo consentirà per molti anni - di abbassare il livello dei tributi locali già al massimo, né tanto meno di rimpinguare l’organico municipale, ridotto ormai all’osso per i pensionamenti, in modo da migliorare i servizi ai cittadini.
Ma, nello specifico, di quanto aumentano i compensi degli amministratori di palazzo Carafa? Tutto sommato, «solo» di qualche centinaio di euro a testa. Bisogna però precisare che quelle indennità-base passano prima da un taglio del 10 per cento (anch’esso previsto dalla legge) per poi risalire. Per dire il sindaco Salvemini ha diritto ad un compenso-base di 5.784 euro lordi al mese. Con la riduzione del 10 per cento scende a 5.205 euro, per poi tornare definitivamente sù, per quest’anno, a quota 6.025 euro lordi ogni mese. Stessa altalena per il vicesindaco Sergio Signore e per gli altri assessori comunali. Signore parte da un’indennità-base di 4.338 euro lordi, che prima si riduce a 3.904 euro e poi risale, per effetto dell’ultimo ritocco, a 4.519 euro mensili. Il trattamento economico del presidente del Consiglio Mignone è equiparato a quello degli attuali 8 assessori in carica al Comune di Lecce: per loro il compenso-base ammonta a 3.470 euro mensili, che col taglio del 10 per cento passa a 3.123 euro per toccare nell’anno in corso quota 3.615 euro lordi.
E la «mannaia» del 10 per cento in meno si abbatte anche sui consiglieri comunali leccesi, che però non hanno diritto ad un’indennità fissa (come il sindaco, il presidente e gli assessori), ma ad un gettone di presenza ridotto da 36,15 a 32,54 euro. E tale rimane. C’è da dire che lo incassano solo se partecipano alle sedute di consiglio o di commissione. Se risultano assenti, invece, non beccano nulla.

Il Comune è in pre-dissesto dal gennaio del 2019, ma i tagli non coinvolgono tutti
Mercoledì 23 Febbraio 2022, 11:02