Un caso di bullismo contro anziani (e la sua soluzione) in provincia di Lecce. C’è il lieto fine però per un uomo residente in un centro dell’entroterra ionico - a differenza del dramma che ha colpito Antonio Stano. La fortuna di questo salentino? Avere due figli che, capillarmente, si prendono cura di lui. La figlia in particolare, un’insegnante quarantenne, è stata risolutiva nei confronti dell’atteggiamento dei bulletti - e la sua esperienza potrebbe essere d’aiuto a coloro che quotidianamente sperimentano molestie e violenze da parte di presunte baby gang.
Professoressa, com’è iniziato l’attacco a vostro padre?
«È accaduto soprattutto in inverno, anche quando c’è stata la neve. Gruppi di 2-3 ragazzini, ma anche 7-8 a volte, si recavano a casa di mio padre infastidendolo a tutte le ore, anche dopo che lui era andato a letto. Suonavano il campanello e, quando papà usciva, lo insultavano. Quando c’è stato il grande freddo a gennaio, gli hanno tirato delle palle di neve sotto al portico, ma in altre occasioni sono state usate anche pietre contro le finestre».
È mai stata presente di persona agli attacchi?
«Una volta sono stata testimone io stessa delle molestie che papà riceveva e sono stata insultata anch’io. I ragazzini non avevano capito che fossi legata alla persona che insultavano quotidianamente e mi hanno intimato di badare ai fatti miei, affermando che mio padre sarebbe stato pazzo. A quel punto, ho fatto notare loro di essere la figlia dell’uomo che vessavano, ma non è bastato. Mio padre non è un uomo completamente solo: io e mio fratello passiamo a trovarlo più volte al giorno, anche se la preoccupazione è tanta perché lui vive in periferia».
E quindi, cosa avete pensato di fare?
«Ho pensato di parlare con i genitori, ma ho capito che non sarebbe stato risolutivo. Ognuno di noi ama la propria prole e tende a vedere il proprio figlio come un ragazzo perfetto, ignorando magari quali siano le dinamiche di gruppo. Ho temuto che non sarei stata creduta. E allora ho pensato di far leva sui coetanei di questi ragazzini».
Cioè?
«La minaccia di andare a raccontare tutto ai genitori mi è parsa da subito insufficiente. Così ho fatto sapere ad alcuni loro coetanei che avremmo istallato delle telecamere di video-sorveglianza e che quindi, continuando a infastidire mio padre, si sarebbero ritrovati con una denuncia e i carabinieri. Ora il problema è cessato, ma solo per mio padre».
Perché ha raccontato la sua storia su Facebook?
«Perché sono sicura che dappertutto ci siano anziani soli che potrebbero avere un problema simile e volevo sensibilizzare le persone intorno a me a vigilare affinché non accada ad altri quando accaduto ad Antonio Stano».