NAPOLI - Con lo scioglimento della società Stretto di Messina e l'annullamento del contratto, «sono stati persi 400-500 milioni di euro. Abbiamo fatto una furbizia». Lo ha detto il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, riferendo del voto di ieri sera in Commissione Bilancio con il quale si è deciso l'annullamento del progetto del ponte sullo Stretto di Messina.
«Di fatto abbiamo buttato via 500 milioni, abbiamo fatto come i talebani. Difficile ora ricominciare» ha detto Di Pietro spiegando che 150 milioni sono andati alla società Stretto di Messina per il progetto preliminare del ponte e la realizzazione di tre gare. «I vincitori di queste gare avranno stanotte brindato a champagne - ha detto ancora il ministro - visto che senza spostare un muratore né una cazzuola di cemento intascano un guadagno del 10 per cento per violazione contrattuale e senza pagarci nemmeno le tasse». Il costo di tale penale ammonta, sempre secondo il ministro, a 300 milioni in totale che vanno ad aggiungere ai 150 della società di gestione. «In Italia - ha concluso Di Pietro - funzionano meglio gli uffici legali che non quelli di progettazione».
L'allarme del ministro delle Infrastrutture si riferisce all'emendamento, approvato ieri sera in Commissione Bilancio del Senato, con il quale decade il contratto con la società Stretto di Messina e si istituirebbe, al suo posto, una "Agenzia per lo sviluppo logistico dell'area dello Stretto di Messina", da istituire attraverso un decreto Tesoro-Infrastrutture.
«L'Italia dei Valori ha espresso contrarietà rispetto a questa soluzione che impone una spesa enorme per il risarcimento del danno alle imprese vincitrici delle gare raggiungendo un obiettivo che era già stato raggiunto, quello di non fare il ponte sullo Stretto - ha spiegato Di Pietro -. Ci sembra migliore la soluzione da noi proposta, che manteneva l'impegno a non realizzare il ponte senza però spendere una lira e anzi indirizzando le risorse destinate a questa opera per altri interventi nelle stesse regioni, la statale Jonica, la realizzazione di tre tratte metropolitane a Palermo, Catania e Messina, l'autostrada per Agrigento».
Lo stesso amministratore delegato della Stretto di Messina, tuttora in carica, Pietro Ciucci, ha criticato l'emendamento: «È scritto male e non raggiunge l'obiettivo di un risparmio sui costi». Ciucci ha poi aggiunto che ricoprirà la carica di a.d. della Stretto «ancora per poco ma non per conflitto d'interessi bensì per conflitto di tempo».
Venerdì 19 Ottobre 2007, 00:00
22 Febbraio 2025, 15:26