Il blitz non è sfuggito ai radar. Nella selva delle modifiche dell’ultimo minuto, la Legge di Bilancio 2026 ha accolto nel proprio corpaccione anche l’«emendamento caccia» che modifica la disciplina vigente in materia di aziende faunistiche e venatorie. Nello specifico, l’articolo 16 della legge 157/1992, la stessa che il Governo voleva pesantemente riformare con quello che è balzato agli onori delle cronache come il «Ddl caccia selvaggia». L’intervento in Manovra tocca solo un aspetto specifico ma non irrilevante come ha lasciato intendere la polemica politica divampata immediatamente.
In sostanza, l’emendamento consente alle Regioni di autorizzare l’istituzione di aziende faunistico-venatorie «organizzate in forma di impresa individuale o collettiva» e non più come soggetti giuridici privi di finalità di lucro. La differenza non è marginale. Realtà già esistenti, che possono incassare introiti solo per la copertura delle spese, potrebbero ora diventare - su base volontaria - imprese vere e proprie con margini di business. Un’occasione per regolamentare e meglio disciplinare, anche fiscalmente, queste attività, sostiene chi è a favore dell’emendamento. Mentre chi si oppone lancia l’allarme sulla probabile proliferazione di riserve di caccia, poco controllate, per il sollazzo dei ricchi. Inevitabile ripescare l’episodio che quasi un anno fa ha visto coinvolto Donald Trump jr, figlio del presidente americano, reo di aver sparato a specie protette nella laguna veneziana.
Gli animalisti lanciano l’allarme. L’Enpa (Ente Nazionale Protezione Animali), richiamando l’articolo 9 della Costituzione, si rivolge direttamente al presidente Meloni, denunciando la «privatizzazione della fauna» che diventerebbe così «fonte di profitto. altro che caccia “sociale”, declamata dai vertici delle associazioni venatorie che invece hanno seguito una linea estremista orientata al vantaggio economico di pochi privati abbienti». In prima linea anche il Wwf: «Negli ultimi tempi grandi organizzazioni agricole hanno deciso di investire su un nuovo settore di mercato, emulando quello che avviene in Africa e nell’Est Europa», spiega alla «Gazzetta» Domenico Aiello, avvocato calabrese e Responsabile della tutela giuridica della Natura per Wwf Italia. «Parliamo - prosegue - di una sorta di riserva di caccia in cui tu vai, paghi e cacci con delle regole meno stringenti rispetto a quanto succede all’esterno». Il rischio è che «là dentro si faccia sostanzialmente ciò che si desidera, senza la possibilità di veri e propri controlli. Basta essere ricco per sparare a quello che vuoi - prosegue Aiello - nella consapevolezza che gli imprenditori, per guadagnare, dovranno offrire al cliente una esperienza sempre più soddisfacente e adrenalinica: tanti animali e divertimento senza troppi problemi»
Sull’altro fronte, la questione tocca direttamente Niccolò Sacchetti, presidente di Agrivenatoria Biodiversitalia, associazione di Coldiretti a tutela degli istituti faunistici privati. «Contrariamente a quanto è stato a mio avviso erroneamente riportato - spiega - , questo emendamento serve solo a fare chiarezza e colmare un vuoto normativo che durava da 30 anni dando certezze fiscali ai gestori delle Aziende Faunistiche Venatorie che non hanno mai smesso di esistere e di funzionare e che rappresentano un modello sostenibile e virtuoso di gestione del territorio, della fauna e della biodiversità che oggi conta più di un milioni di ettari». «Un modello - rivendica Sacchetti - che spesso impone costi ed investimenti importanti per tenere in equilibrio la gestione agricola e forestale, la sostenibilità economica e soprattutto la tutela della biodiversità e della fauna che vengono protette e difese anche perché rappresentano valore».
Sulla stessa linea l’avvocato Mario Basile, consigliere di presidenza di Federcaccia e presidente Atc di Foggia, che attacca i detrattori: «Le critiche che piovono in questi giorni - attacca - sono spesso ideologiche e molto lontane dalla verità dei fatti. L’emendamento non cambia la sostanza della legge. Resta il riferimento al calendario venatorio e i limiti sono ribaditi». Quanto alla novità introdotta, «non può che portare benefici - continua Basile -: innanzitutto i fini di lucro sono volontari, non obbligatori. E poi, ripeto, rimanendo in vigore tutte le limitazioni esistenti, la nuova disposizione può solo consentire di disciplinare meglio il regime fiscale di quelle realtà che hanno un forte valore sociale». Il riferimento è alla cura e tutela della biodiversità garantita dal mondo faunistico-venatorio: «Se non ci fossero le aziende - conclude - molti territori, a cominciare dalle zone umide, sarebbero del tutto abbandonati. È successo tante volte. Via l’azienda, via la tutela e spazi degradati invasi dai canneti. La realtà è diversa dalle narrazioni ideologiche». Non la caccia, ma la guerra delle opinioni è aperta.















