Nel sistema contrattuale-collettivo italiano è possibile riscontrare la presenza di più contratti collettivi per la definizione dei trattamenti economici e normativi di uno stesso settore merceologico.
In Italia sono depositati presso il Cnel oltre mille contratti collettivi nazionali di lavoro, ma solo una parte è sottoscritta da organizzazioni realmente rappresentative. Nei soli settori terziario e turismo si contano più di 250 contratti, ma la maggioranza dei lavoratori è coperta da pochi Ccnl, tra cui il Ccnl Terziario, Distribuzione e Servizi firmato da Confcommercio, il più applicato in Italia con circa 2,5 milioni di addetti. Ci sono poi altri contratti, invece, sottoscritti da organizzazioni sindacali dotate di una scarsa rappresentatività che cercano, spesso con successo, di attirare l’attenzione degli imprenditori abbattendo drasticamente il costo del lavoro, cioè stabilendo trattamenti retributivi e normativi peggiorativi per i lavoratori. Il fenomeno è noto come «dumping» contrattuale e questo spiega, nel gergo delle relazioni industriali, l’impiego della espressione «contratti pirata». Proprio come i «pirati», tali contratti mirano a creare un mercato del lavoro «parallelo» e «sottopagato» rispetto a quello generato da sistemi di contrattazione che hanno uno storico ed effettivo radicamento nel settore.
A livello nazionale, secondo quanto emerge da un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio sul «dumping» contrattuale (presentata ieri a Roma alla presenza del segretario generale di Confcommercio, Marco Barbieri, del responsabile per le Politiche del lavoro e del Welfare, Guido Lazzarelli e del direttore dell’Ufficio Studi, Mariano Bella), i «contratti pirata», firmati da sigle minori, sono oltre 200 e riguardano circa 160mila dipendenti e oltre 21mila aziende. Tra questi, quelli più rilevanti per numero di addetti includono i contratti Anpit (H024 e H05K) con, rispettivamente, 56.743 e 35.870 dipendenti, e il contratto Cnai (H019) con 15.174 dipendenti.
Il fenomeno riguarda in modo particolare le micro-imprese e le cooperative, realtà molto diffuse in questi comparti, e presenta una forte connotazione territoriale, è infatti più marcato nel Mezzogiorno. La regione più colpita è la Calabria, dove oltre l’11% degli occupati del settore lavora con contratti pirata. Seguono la Sicilia (8,9%), la Campania (8,5%) e la Puglia (7%).
Meno diritti, tutele ridotte e paghe più contenute, sono gli effetti del dumping contrattuale denunciati da Confcommercio che ha anche realizzato un’analisi secondo la quale i principali effetti del «dumping contrattuale» sono almeno 8.000 euro di retribuzione annua lorda in meno rispetto al proprio contratto, la «flessibilità accentuata senza garanzie» e un minor numero di ferie e permessi. A livello generale, è stato ribadito dai vertiti ci Confcommercio, il fenomeno del dumping contrattuale mina la produttività, indebolisce il tessuto imprenditoriale e frena la crescita del Paese.
«Come Confcommercio - ha commentato il presidente, Carlo Sangalli - teniamo al benessere e alla qualità del lavoro e della vita dei lavoratori delle nostre imprese, perché questi sono il nostro vero patrimonio di competenze e professionalità e una risorsa fondamentale. Per questo siamo costantemente impegnati a garantire regole eque, tutele solide e prospettive di crescita per chi ogni giorno contribuisce allo sviluppo dei nostri settori».
«Da sempre - continua Sangalli - sottoscriviamo contratti innovativi e moderni che anticipano le esigenze dei lavoratori coniugandole con quelle delle imprese. Oggi, però, guardiamo con forte preoccupazione al cosiddetto dumping contrattuale, un fenomeno che sta assumendo proporzioni sempre maggiori, soprattutto in alcune aree del nostro Paese, che mina le regole della concorrenza, svaluta il lavoro e crea disparità tra imprese e tra lavoratori. C’è, dunque, bisogno di rafforzare la collaborazione con i sindacati, ma soprattutto di una maggiore attenzione da parte del Governo a cui chiediamo un impegno concreto per impedire l’applicazione di contratti sottocosto». Non mancano anche alcune proposte da parte della la più grande rappresentanza d'impresa in Italia: «In particolare - dice Carlo Sangalli - comunicazioni obbligatorie a tutte le sedi istituzionali del contratto applicato, certificazione della rappresentatività, potenziamento degli strumenti di vigilanza e monitoraggio, rafforzamento della bilateralità come strumento di certificazione della qualità contrattuale. Solo così si può garantire tutela del lavoro e competitività del sistema».