Mons. Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi Italia, ha una domanda che gli esplode nel petto: «Adesso avremo il coraggio di prendere questo testimone? La tentazione ora è di fare citazioni continue e memorie e ricordi. Invece, per me è necessario proprio non lasciarsi prendere da una domanda del tipo “cosa avrebbe detto o fatto papa Francesco oggi?”. Per me - a poche ore dal suo… dal suo incamminarsi, perché lui vede Dio oggi così come Egli è, come noi speriamo – la domanda è : la Chiesa, il popolo di Dio, troverà il coraggio di prendere in mano il testimone di papa Francesco? Il testimone di quelli che sono stati, direi, i suoi sogni? Diceva: “Sogno una Chiesa povera tra i poveri”. Avremo il coraggio di prendere il testimone e sognare anche noi una Chiesa povera per i poveri? Avremo il coraggio di unirci alla sua parola audace, coraggiosa, contro la guerra, contro la violenza, contro il riarmo? Invece di riascoltare nelle nostre orecchie l’invito a disarmare l’industria delle armi, a disarmare la politica, a disarmare l’economia, a disarmare la finanza, a disarmare il nostro linguaggio e anche a disarmare la Chiesa da qualche tentazione di potere? Avremo noi il coraggio di essere misericordiosi verso i fratelli e le sorelle che, nella Chiesa e nel mondo, sono considerati lo scarto di questa società? Saremo misericordiosi?»
Perché «scarto»?
«Perché sono fuori da logiche di potere, accaparramento e di devastazione dell’ambiente e, quindi, subiscono nella loro povertà, nella loro miseria. Gli scartati… dalle 7,36 di lunedì mattina, la Chiesa avrà il coraggio di prendere in mano questo testimone, che te le brucia le mani, e portarlo avanti? Certo c’è chi non lo ha ascoltato. Perché il papa Francesco, su alcuni temi, sui temi un po’ più brucianti che or ora ho citato, non è stato ascoltato. E le devo dire che mi indigna leggere gli elogi funebri che vengono da certi cori o da certe voci sonate. Soprattutto a livello politico, da chi non lo ha ascoltato e non ha voluto ascoltarlo, nonostante sono andati a baciargli le mani. Mi indigna – e qui la voce di mons. Ricchiuti s’alza di tono - Avrei preferito il silenzio di questi personaggi. Invece sono esplosi questi ipocriti, menzogneri, elogi funebri. All’interno della Chiesa adesso ci sarà conversione? Davvero? Ritrovare una fraternità nella Chiesa? Ancora oggi sono rimasto scandalizzato, uno dei cosiddetti sedevacantisti (Tradizionalisti per i quali i papi post-conciliari sono solo degli eretici; ndr), non so con quale cuore, ha commentato: “Dio abbia pietà di lui (di Bergoglio; ndr), di queste apostasie ed eresie che ha seminato nella Chiesa”. Ma si può? Nemmeno la pietas davanti a chi è morto… Azzardo un’immagine: ricorda quando morirono Borsellino e Falcone? I mafiosi brindarono alla loro morte. Ecco, non vorrei che nella Chiesa qualcuno abbia brindato alla morte di papa Francesco. Noi – continua mons. Ricchiuti – abbiamo un impegno per evitare ciò che un po’ sta accadendo con don Tonino Bello».
In che senso?
«Sono citazioni, solo citazioni… ma il coraggio di prendere in mano quanto hanno fatto e detto don Tonino Bello, papa Francesco e i profeti di pace e giustizia, ci viene a mancare. Non si è in molti a credere possibile ciò che la logica mondana ritiene impossibile».
Mons. Ricchiuti è scosso, nel profondo. Più volte ha incontrato il Papa, sia in Puglia sia in udienza privata nel Consiglio nazionale di Pax Christi o alle assemblee generali della Cei. Ha il cuore pieno di aneddoti, parole ed energia, l’energia di Bergoglio. Dodici anni di ricordi, anche brevi, personali. Li passa in rassegna a mezza bocca, poi dice: «Nella mia responsabilità, non solo di vescovo ma come presidente di Pax Christi Italia, io ho ricevuto da lui un incoraggiamento grande, di andare avanti con fiducia e forza. Senza lasciarci prendere dallo scoraggiamento e stiamo affrontando il riarmo dell’Europa, Russia e Ucraina che non smettono di combattersi, il genocidio in Palestina… lui ci lascia in questo momento difficile e la sua morte è come ci lasciasse con questa responsabilità… come ci dicesse: “Io ho terminato il mio cammino, ora vi passo il testimone e continuate a correre sull’orizzonte di una Chiesa che, nel mondo, diventa una sorella di questa umanità”. Certo, è vero, non tutte le sue scelte e le sue parole sono state condivise, lo sappiamo. Hanno generato anche fratture nella Chiesa, ma non ha mai tappato la bocca a nessuno perché è proprio nel dirsi le cose, nel parlarsi, che la verità si fa più luminosa e io credo che dopo questo pontificato la Chiesa di Pietro ne esce ancora più fortificata. Ora mi perdoni, mi chiudo nel silenzio, in preghiera, oggi più che mai impegnato come uomo, come vescovo, come presidente di Pax Christi a essere un costruttore di pace, assieme ai tanti che per la pace lavorano».