BARI - Questa mattina un cuscino di fiori è stato deposto nel giardino Isabella D’Aragona a Bari, ai piedi della targa alla memoria di Giovanni Palatucci, ultimo questore di Fiume, medaglia d’oro al merito civile, riconosciuto 'giusto tra le nazioni' per aver salvato dal genocidio migliaia di ebrei. Sono intervenuti il prefetto, il questore e l’assessora alla Cultura del Comune di Bari.
Nato a Montella, in provincia di Avellino, nel 1909, Palatucci conseguì la laurea in giurisprudenza all’università di Torino e, nel 1936, giurò come volontario vicecommissario di pubblica sicurezza.
Nel 1937 venne trasferito alla questura di Fiume come responsabile dell’ufficio stranieri e, successivamente, divenne commissario e questore reggente. In quel contesto riuscì salvare oltre 5.000 ebrei dai campi di sterminio.
Arrestato dalla gestapo il 13 settembre 1944, fu condannato a morte e deportato nel campo di sterminio di Dachau, dove morì il 10 febbraio 1945, a soli 36 anni.
A BISCEGLIE
Una corona di alloro con il nastro tricolore posata sul muro che custodiva la sua famiglia, i suoi affetti, la sua vita. Le note del silenzio per non dimenticare chi ha visto terminare la sua esistenza in modo brutale. Bisceglie, città a nord di Bari, questa mattina ha voluto ricordare un suo concittadino Antonio Papagni, «vittima del massacro delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale», si legge nel documento con cui lo Stato italiano lo riconosce tra chi è morto nel dramma delle foibe. Si tratta di una tragedia che rappresenta «una delle pagine più buie e tragiche della nostra storia e anche Bisceglie ha pagato il suo pesante tributo con la morte di Antonio Papagni che oggi con trasporto e commozione ricordiamo stringendoci ai suoi parenti», ha detto il sindaco della città, Angelantonio Angarano. Nato nel 1918, Papagni era aviere scelto di governo e guardia di pubblica sicurezza della questura di Trieste. Aveva 27 anni quando fu dichiarato disperso. Si pensa sia stato "presumibilmente gettato nella foiba di Basovizza», è stato riferito durante la cerimonia a cui hanno partecipato anche Monique e Giovanni Papagni, nipoti di Antonio. «La memoria non deve però essere fine a se stessa ma deve indurci a non ricadere negli stessi errori - ha continuato Angarano - Dobbiamo trasmettere ai giovani il senso di questa giornata affinché siano strenui difensori di libertà, uguaglianza e democrazia, promotori di convivenza civile, portatori di pace».
A LECCE
«Gli orribili crimini commessi nelle terre istriane e dalmate ottanta anni fa contro la comunità italiana non saranno mai dimenticati. Nella memoria collettiva, che il nostro Paese ha voluto sollecitare istituendo il Giorno del Ricordo, le storie degli infoibati rappresentano un monito verso l’odio etnico, la guerra, le ideologie che spersonalizzano donne e uomini, persino bambini, trasformandoli in nemici da cancellare». Lo afferma in una nota il sindaco di Lece, Carlo Salvemini.
«Oggi - aggiunge - riflettiamo su ciò che patirono quegli italiani, rinnovando l’impegno a fare sempre ogni cosa è nelle nostre possibilità per fermare la violenza tra i popoli, sui civili, sulle vittime innocenti. Perché non possano mai più essere scritte pagine così buie della storia europea, come le ha definite il Presidente Mattarella».
IN BASILICATA
«A 20 anni esatti dalla legge che ha istituito nel nostro Paese il 'Giorno del ricordò, grazie soprattutto alla ricerca storica e alle iniziative di sensibilizzazione intraprese anche nel mondo della scuola, la consapevolezza sulla tragedia che condusse alle foibe e all’esodo dalle loro terre dei cittadini istriani, fiumani e dalmati è sempre più forte tra gli italiani, compresi i più giovani». Lo ha detto il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, in occasione del 'Giorno del ricordo'.
Secondo il governatore lucano, «conservare la memoria su questa drammatica pagina vissuta sotto l’occupazione dei comunisti jugoslavi di Tito, oltre a essere doveroso nei confronti delle vittime e di quanti soffrirono duramente per quelle ingiustizie, è fondamentale per fare i conti e delineare compiutamente il nostro passato affinché nella coscienza collettiva non esistano totalitarismi buoni, forme di violenza accettabili o ancora eccidi e stragi relegabili all’oblio. Questa celebrazione - ha aggiunto Bardi - ricade a pochi giorni dal 27 gennaio e dalla 'Giornata nazionale delle vittime civili delle guerre e dei conflitti nel mondo', in un momento storico segnato da nuove guerre che le future generazioni, obbligandoci a delle risposte, potranno inquadrare come il tempo della dimenticanza. Per questo è urgente risvegliare il ricordo, fare memoria, riaffermare il ruolo della diplomazia e mettere al centro delle scelte politiche, a tutti i livelli di governo, il valore dell’uomo e dei processi democratici», ha conluso il presidente della Regione Basilicata.