Pietrangelo Buttafuoco, autore del saggio «Beato Lei. Panegirico dell’arcitaliano Silvio Berlusconi», in uscita per Longanesi, qual è la prima immagine del Cavaliere che le viene in mente?
«È quella in una sala d’albergo che sembrava un teatro, con una infinità di gente seduta. Sopra la platea centinaia di palloncini giravano da un punto all'altro della sala. Una moltitudine lo attendeva, c’era un grande caos: molti sembravano ragionieri, altri uomini di concetto, sembrava volassero per l’emozione intorno alla sala. Poi arriva Silvio, ecco un boato, tutta quella folla impazzisce. Lui afferra un microfono con lo stile di Frank Sinatra e fa un discorso che li inebria. Sembra di sentire “My way”…».
Ha portato gioia e scapigliatezza tra le grisaglie immusonite della politica…
«Ha seminato l’impazzimento totale nel Palazzo. I suoi avversari non sapevano come prenderlo, come apparecchiare gli esorcismi. Con sussiego lo fronteggiavano pensando che avesse il kit in plastica, i fazzoletti detergenti e, nel frattempo, Silvio gli apparecchiava una serie di sberle elettorali. Ecco dalla prima ricevuta nel 1994 qualcuno non si è più ripreso».
Allora aveva 58 anni ed era solo «Sua Emittenza».
«Era un grande imprenditore incensurato. Da quel momento divenne anche un imputato».
Ha portato il Bagaglino a Palazzo Chigi?
«È indubbiamente l’ultimo inedito e straordinario capitolo della letteratura italiana consegnata al mondo. L’Italia non può che assecondare la sua vena, che si sublima nella commedia. Gli stessi francesi ci “riconoscono” per la specificità della commedia italiana. Non è una diminutio. È Dante Alighieri, non è solo la lingua ma anche il carattere degli italiani».
Con Pinuccio Tatarella, Re Silvio aveva un grande feeling…
«Berlusconi lo temeva perché era un “cummenda pratico”, mentre Pinuccio conosceva i reticoli “vichiani” della politica. A un certo punto quando il problema era acuito al massimo, Pinuccio si metteva in un angolo e gridava: “Santo O'mbruoglio aiutami tu”. Lo fregò nella prima campagna in Puglia».
Forza Italia non presentò la lista in Puglia per il proporzionale. Buttafuoco fermiamoci, non si può raccontare tutto… Torniamo a «Lui», perché lo ha paragonato a Marilyn Monroe?
«Ha rappresentato un inedito, come Marilyn è un modello popolare immediato, facilmente riconoscibile. Silvio entra come un mito nel nostro orizzonte e per quanto l’Italia sia in svantaggio sui percorsi globali, è riuscito ad arrivare dappertutto».
È apparso in svariati frangenti come un vietcong invincibile, ribaltando tutte le narrazioni antipatizzanti o politologiche di dotti analisti che ne prefiguravano periodicamente il declino.
«Ha scompaginato con la guerriglia. Si faceva trovare dove nessuno immaginava che fosse. Capiva prima di tutti l’esigenza della vecchia pensionata che aveva bisogno della dentiera. Nessun politico aveva questo genio e queste intuizioni».
Lei, con Giuliano Ferrara, aveva curato anche un musical dedicato al tycoon…
«Volevamo fare “My fair Papi”, poi andato in scena a Londra. Volevamo essere i nuovi Garinei e Giovannini. Ma eravamo pigri e rimandavamo sempre».
Il suo rapporto con le donne, tra materialità e Iperuranio?
«Con le donne ha stabilito il rapporto di cui abbiamo consapevolezza grazie a Gaetano Donizetti e “L’elisir d’amore”, o con i versi dell’amor cortese. Mai si faceva forte del potere per costringere una madama a frequentare le sue lenzuola. Era sedotto totalmente dalla bellezza al punto che all’inaugurazione di una mostra su Caravaggio, colse il dettaglio di un quadro, con una presenza carnale, e triangolò con la sala. Lì c’era una bellissima ragazza e le declamò una dichiarazione d’amore per tramite di un discorso da critico d’arte».
Amava la Puglia.
«Era terragno senza essere terrone, comprendeva l’anima del Sud del Sud dei Santi, e questo gli consentiva di abbracciare tutti i Sud possibili, da Tripoli a Cerignola, da Gheddafi a Tatarella».
Il suo “panegirico” è pubblicato dalla Longanesi. Il grande Leo chissà che avrebbe scritto dell’ex premier.
«Longanesi si sarebbe divertito tantissimo con uno come lui. Longanesi, ecco, le sottopongo un dettaglio: fu l’unico tra gli operatori dell’editoria ad avere un rapporto alla pari con il Berlusconi dell’epoca, che era l’industriale Giovanni Monti».
Cosa resta dell’eredità del trentennio berlusconiano?
«Il governo di Giorgia Meloni, con la sua stabilità».
Chi “salverà” gli italiani dopo Silvio?
«Giorgia, è ragazza e avrà tempo di farsi carico di una lunga stagione».