Un riconoscimento alla carriera è stato conferito alla poetessa Angela De Leo di Corato dalla fondazione Gjeke Marinaj di Dallas. Una sobria manifestazione si è tenuta presso il Municipio di Modugno, organizzata da Cettina Fazio Bonina e Giovanni Dotoli, che hanno presentato l’edizione americana di una scelta di Poems dell’autrice realizzata dal Mundus Artium Press nell’anno corrente.
Conosco Angela De Leo da almeno trent’anni, una donna gentile e innamoratissima della poesia, in una stagione certamente precedente il suo bisogno di fondare con Peppino Piacente la Secop edizioni e passare da Bitonto, la «città degli ulivi», a Corato. Un’operazione coraggiosa questa che spiega anche il carattere della donna che è stata con Giancane, Bellino, Bizzarro e altri poeti tra i maggiori esponenti del gruppo La Vallisa. Un gruppo che, secondo la visione culturale di Giancane, tende a scoprire talenti in ambito letterario.
A proposito della sua poesia, proprio Bizzarro credo abbia espresso a proposito del primo libro di versi, Ancora un fiore, edito nel 1982, il parere di una creatività neo romantica. Parole accolte e confermate da Biagia Marniti, la poetessa di Ruvo, che aggiunge a questo giudizio, una «modulazione spesso lorchiana, circolare e istintiva».
Ma il neoromanticismo non dice nulla, dal momento che i tre quarti della produzione poetica italiana di questi anni è tutta neo romantica. Anzi ho da rilevare che il romanticismo pervade anche gran parte della narrativa del nostro tempo, che sia storicistica e che sia minimalista.
Credo piuttosto a ciò che della De Leo scrisse nel 1990 in Periferia Centrale, Marco Ivano De Santis. Il primo affacciarsi della giovane Angela alla finestra della società è venato da una purezza d’animo e da una forma di innocenza che le impediscono di vedere il volto vero dell’umanità. Ma col passare del tempo quella maschera cade, ed emergono «i volti di gesso/truccati d’urgenza/ per la commedia umana/sul palcoscenico della vita».
Non a caso il titolo della seconda raccolta è Sul naufragio del sole, che denuncia il crollo della verità e della luce che ha illuminato finora la vita.
Siamo nel 1986 e il romanticismo si è trasformato in voglia di combattere, di «graffiare il silenzio», spaccare le maschere e far venire allo scoperto il volto vero della società. La poesia potrà anche sgorgare incantata, ma la ragione è tale che la bloccherà e offrirà una ben diversa forza di lottare. Questi versi rileva Maria Marcone nelle pagine introduttive, si intridono di pathos e di rabbiosa consapevolezza che c’è un gioco perverso nella vita, il candore dell’anima si scontra con la torbidezza della collettività. Il mondo è altro da quello che noi abbiamo creduto e sperato.
Ma a sollevare l’autrice dall’angoscia è l’adesione al gruppo della Vallisa, la scoperta dell’amicizia e della possibilità di vedere intorno un grande muro di solidarietà. È il tema affrontato nel 2004 da Il gelso e le rose, edito da Secop. Gli amici allargano le braccia e ti accolgono, danno conforto e aiutano la giovane a difendersi. Sono gli anni in cui la De Leo dà molto credito al gruppo de La Vallisa, è aperta all’amicizia con Daniele Giancane, con Paolo Polvani e Franco Bellino, sentimento che si unirà all’amore immenso che le portano i membri della sua famiglia: «noi un punto fermo mai uguale». Una dichiarazione aperta di amicizia viene testimoniata ad esempio dallo studio su Giancane edito nel 2015 come La fanciulla ermafrodita, edito da Solfanelli. Ma ormai ha aperto la sua attenzione a un macrocosmo di interessi. Comincia ad occuparsi di prosa, di critica d’Arte e di fotografia, introducendo il volume del fotografo Marcello Carrozzo, mentre avvia lunghi rapporti con la Serbia e il Montenegro, partecipando insieme ai vallisiani a molti convegni e soprattutto acquisendo e coltivando una lunga amicizia con Dragan Mraovich, poeta, scrittore e già console serbo a Bari e traduttore di molti poeti pugliesi nel suo paese. È Dragan che promuove manifestazioni e premiazioni di autori baresi a Belgrado e che introduce in Puglia quasi un culto per la poetessa Desanka Maksimovich e per narratori come Ivo Andric. Un’ amicizia che purtroppo ha creato nel tempo dei dissapori all’interno del gruppo. Ciò che si è risentito all’interno della poesia della De Leo, perché l’apoteosi dell’amicizia espressa in gioventù ha prodotto riflessioni amare sulla vita, che nel frattempo è stata funestata anche da funerali di persone care. Versi raccolti nel volume edito dalla Secop Il gelso e le rose. Comunque una lunga esperienza poetica che è sfociata in ultimo nella produzione di altre prove letterarie, con una raccolta di racconti e vari romanzi, Trattenendo il respiro, Una finestra aperta sui sogni, e soprattutto Le piogge e i ciliegi, che ricalcano la propria condizione esistenziale dalla gioventù agli anni correnti, anni questi ultimi fitti di un rinnovato interesse per la scrittura e per la promozione culturale ed editoriale. Con la rivista Numero corrente stigmatizza la necessità del confronto tra culture e l’incontro tra poeti di varia provenienza geografica, mentre nella rivista Neda si accolgono tematiche di vario genere, storia, geografia, antropologia. Non ultimo è un blog creato dalla De Leo, la Poetologa. Allo scopo di «incontrare gli altri sul filo della poesia e della scrittura in genere. Per promuovere ascolto, reciprocità, confronto, comprensione e condivisione».