BARI - Non si tratta solo di confiscare ma anche, e soprattutto, di saper gestire. Altrimenti la vittoria simbolica ottenuta sottraendo beni alla mafia e restituendoli alla comunità rischia di rovesciarsi nel suo contrario, cioè in una cocente delusione, se poi gli immobili restano inutilizzati, i soldi prendono altre strade e le aziende scompaiono.
Lo sa bene la Fondazione con il Sud, presieduta da Carlo Borgomeo, che su questo punto insiste moltissimo. Sono quasi 90, infatti, i beni che l’ente ha già finanziato ma ora l’impegno va oltre i soldi. E si sposta sul piano delle idee con proposte concrete e mirate per migliorare la gestione dei patrimoni che appartennero al mondo criminale. Dopo le tappe di Napoli e Lamezia Terme, tocca oggi a Bari accogliere il punto di vista della Fondazione con un incontro negli spazi di Villa Artemisia (ore 11.30), lussuosa «fortezza» sequestrata negli Anni ‘90 al clan Lazzarotto. Toccherà proprio a Borgomeo trarre le conclusioni di un incontro che vedrà a dialogo cooperative sociali, istituzioni e rappresentanti del Terzo settore.
Presidente Borgomeo, cosa proponete in concreto?
«Parto da una premessa: in Italia il patrimonio sequestrato è immenso. Immobili, ville, macchine, soldi. Parliamo di una massa di beni e risorse che potrebbe realmente dare una mano allo sviluppo della comunità».
E invece?
«E invece il sistema normativo e di gestione dei beni confiscati non funziona. Anzi, fa acqua da tutte le parti. Di oltre 30mila immobili confiscati solo mille o duemila sono realmente utilizzati».
Dov’è l’errore?
«Innanzitutto gli sforzi si concentrano sulla fase iniziale, ad esempio sulla ristrutturazione fisica dei beni, ma non sulla loro gestione. È questo il punto. Bisogna guardare più lontano. Anche perché la comunità saluta con favore il sequestro e la riqualificazione di un bene ma se poi lo vede deperire, con evidente spreco del denaro pubblico, ecco che l’entusiasmo si trasforma in scoramento».
Da dove si comincia?
«Il soggetto che si occupa di questa materia è l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. È una struttura pubblica con personale distaccato dall’amministrazione centrale dello Stato. Fa un lavoro generoso, per carità, ma ci vorrebbero dimensioni e competenze diverse».
In cosa andrebbe trasformata?
«In un ente pubblico economico che abbia ovviamente finalità pubbliche, cioè legate al bene comune, ma sia dotato al contempo di maggiore flessibilità e maggiore coerenza rispetto agli obiettivi prefissati. In sintesi che sia in grado di assicurare, disponendo di strumenti ideonei, una gestione efficace dei beni. Lo ripeto, quella è una ricchezza enorme per le comunità».
E poi? Cos’altro si può fare?
«Tutte le risorse finanziarie sequestrate, cioè i soldi, confluiscono nel Fondo unico di Giustizia che ha una serie di obiettivi, anche meritori, dal potenziamento degli uffici giudiziari alle forze dell’ordine, completamente slegati dalle vicende dei beni. Ecco, una parte di quelle risorse potrebbe proprio confluire nei processi di gestione».
Presidente, questi cambiamenti a che logica obbediscono?
«La Fondazione lavora da anni sul problema dei beni confiscati. Le nostre riflessioni si basano sul fare, sull’esperienza. E dunque sull’intervento concreto per migliorare le cose. Questo naturalmente è solo un pezzo del discorso ma appunto ci permette di introdurre una logica di azione più ampia».
La stessa da lei trattata nel suo ultimo volume «Sud, il capitale che serve». Ecco, qual è il capitale che serve?
«Il libro attraversa 72 anni di politiche per il Sud che avevano l’obiettivo di ridurre il divario con il resto del Paese. Dati alla mano, non è successo. Anzi il divario è aumentato. E non si può dare la colpa a un governo, a un ministro o a una legge».
E allora cosa non ha funzionato?
«L’errore è in una cultura dello sviluppo che immagina sia sufficiente trasferire risorse per rimettere in moto l’economia. Le risorse sono necessarie, è ovvio, ma non sufficienti. Quello che manca è il capitale sociale».
E come si alimenta?
«Dando forza e fiato al terzo settore, una risorsa straordinaria capace, letteralmente, di produrre comunità sul territorio».
Il presidente della Fondazione con il Sud: una ricchezza immensa che può aiutare lo sviluppo
Venerdì 03 Marzo 2023, 13:33
21 Aprile 2023, 21:45