Di tanto in tanto Daniele Giancane bussa alla porta con una nuova pubblicazione. Dopo uno studio su Biagia Marniti, la poetessa di Ruvo di Puglia sulla quale è tornato a scrivere anche Nino Iurilli, eccolo con tre saggi su Tommaso Fiore editi da Solfanelli Tommaso Fiore. Studioso e uomo d’azione. Le sue poesie. Il volumetto si apre con un saggio sul Fiore educatore. Per Giancane la pedagogia del meridionalista si fonda non solo su un apparato di studi ma su una forma di esemplarità costruttiva.
È la vita di Fiore a porsi come esempio, per le sue scelte politiche, per l’impegno civile profuso, per gli insegnamenti umanitari, e ovviamente per gli studi dedicati alla letteratura latina e per i romanzi-verità con cui raccontava le difficoltà dei contadini pugliesi. La sua adesione al movimento di Gobetti, la sua adesione, Partito Socialista. Ma indimenticabile per Giancane è il Fiore che a ottant’anni suonati decide di avviare la rivista Il risveglio del Mezzogiorno. La rivista «ebbe vita breve: tre annate (1970/71/72) … fu tenuta in piedi miracolosamente con un suo cospicuo e reiterato sforzo finanziario». Una rivista costituita da due macro contenitori, una parte dedicata allo studio del Mezzogiorno e dei grandi eventi internazionali, una seconda rivolta alla letteratura mondiale. Apparvero studi su Goethe, Leopardi, Petrarca, Baudelaire, Heine, Brecht e soprattutto i grandi poeti dialettali del Sud. Albino Pierro che per Fiore era l’usignolo della Lucania e Vittorio Butera, l’aedo della Calabria. Giancane ricorda il suo primo incontro con il Meridionalista, le poesie che gli portò in lettura, una recensione che apparve sulla Gazzetta del Mezzogiorno. Fiore amava i poeti e soprattutto i giovani. Viveva della pensione di docente e non smetteva di dividere quei proventi con le tipografie.
Proprio l’affetto per Giancane lo mosse a donargli una piccola raccolta di nove componimenti inediti, che lui stesso intitolò Poesie dal carcere.Bari 1942. Sono i versi che già videro la luce sulla rivista La Vallisa e che vengono offerti a un più vasto pubblico nell’edizione Solfanelli. Don Tommaso aveva praticato l’ antifascismo, come amico di Gobetti, come sindaco di Altamura, come visitatore dell’Unione Sovietica. E il Fascismo non mancò di farsi sentire, cacciandolo in carcere il 7 aprile 1942, insieme al figlio Graziano e ad altri compagni. Nelle lunghe ore di prigionia l’intellettuale trovò sfogo nella poesia. Producendo versi che sono attraversati dall’eloquenza del latinista, ma che grondano di sentimento. Soprattutto i versi dedicati al figlio Graziano, quindicenne cresciuto a forza per prematura passione politica. «Bravo Graziano! Mi diventi uomo/a quindici anni! E chi l’avrebbe detto?/ Venti giorni!? Ma, caro hai un nuovo aspetto!/In venti giorni ti sei fatto uomo».
I versi acquistano profondità per noi che li leggiamo oggi e che sappiamo l’epilogo della vita di questo adolescente, ucciso il 18 ottobre 1943 in Via dell’Arca a Bari dai fucili di fascisti o di soldati badogliani. Come ci pare di sentire la voce del cuculo che canta di là dalle grate del carcere di Bari. Una intensità emotiva con alti e bassi continui, a seconda del tema trattato e comunque sempre tesa perché hai la consapevolezza che chi sta scrivendo è un prigioniero politico. E comunque, nonostante la costanza della rima che apparenta Fiore al primo Novecento, c’è un senso prosastico dell’uso di un realismo legato alla storia e alla politica del momento.
Un secondo volume accompagna questo primo dono di Giancane, È L’epopea dei gruppi di poesia in Puglia “Interventi Culturali” e ”La Vallisa”. Storia di una rivoluzione.
Nel 1975 tre poeti pugliesi diedero vita a un gruppo, allora si chiamavano Gruppi Alternativi d’Avanguardia e prendevano le mosse da ciò che restava dei movimenti d’avanguardia del Novecento. A Bari nacque il gruppo Interventi Culturali e la sua progettualità consistette nel promuovere la poesia tra le fasce di non addetti ai lavori. Si rivolse alle scuole, alle fabbriche, alle carceri. Promosse anche un movimento serrato ai premi letterari. Giancane ne fu il capintesta. E si poggiò su una rivista e su un’editrice autogestita. Più o meno ciò che aveva fatto Tommaso Fiore in età matura. Questa operatività fu rivoluzionaria, perché intese promuovere la creatività e discutere tra la gente di un bene immateriale quale poesia e narrativa.
Il gruppo visse tra il 1975 e il 1980, quando si decompose. Ma Giancane che è un operatore culturale impenitente pensò di realizzare un secondo sodalizio tra poeti, fondando La Vallisa. Il gruppo diede voce a tanti giovani autori che non avrebbero trovato capacità di emersione dal silenzio. Aprì una strada alla poesia di oltre Adriatico, allacciando rapporti con Albania, Serbia e Croazia.
Con il passaggio di millennio e di fronte a un calo di amalgama nel gruppo, Giancane ha pensato di fondare ancora un movimento. Lo ha chiamato «Università della poesia» e «Confraternita letteraria». Il gruppo è sorto dai social e vi fanno capo molti giovani in cerca di fortuna. In quanto a Giancane è fermo nel sostenere che non si può vivere senza poesia, perché la poesia fa parte dell’animo umano.