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Liliana Segre presiede l'Aula e cita la Shoah: «100 anni dalla Marcia su Roma, emozione enorme»

 
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Liliana Segre presidente provvisorio Senato: «100 anni dalla Marcia su Roma, emozione enorme»

I ricordi di lei bambina che dai banchi di scuola è arrivata al banco più alto del Senato. Oggi l'elezione dei presidenti

Giovedì 13 Ottobre 2022, 13:20

15:32

Standing ovation nell’Aula di Montecitorio quando il presidente provvisorio Ettore Rosato ha fatto gli auguri a Liliana Segre, oggi presidente provvisorio del Senato, e ha citato Papa Francesco. «Rivolgo un caloroso saluto al presidente della Repubblica, a quest’aula e rivolgo un pensiero a Papa Francesco. Desidero indirizzare al presidente emerito Giorgio Napolitano che non ha potuto prsiedere, gli auguri nella speranza di poterlo rivedere presto ristabilito in Senato». «Incombe su tutti noi in queste settimane l’atmosfera agghiacciante della guerra tornata nella nostra Europa, vicino a noi, con tutto il suo carico di morte, distruzione, crudeltà, terrore, una follia senza fine. Mi unisco alle parole puntuali del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: 'La pace è urgente e necessaria. La via per ricostruirla passa da un ristabilimento della verità, del diritto internazionale, della libertà del popolo ucraino». Oggi sono particolarmente emozionata di fronte al ruolo che in questa giornata la sorte mi riserva». Così in Aula al Senato Liliana Segre.
«In questo mese di ottobre- prosegue - nel quale cade il centenario della Marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio ad una come me assumere momentaneamente la presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica». «Ed il valore simbolico - aggiunge - di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente perché, vedete, ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre; ed è impossibile per me non provare una sorta di vertigine ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco delle scuole elementari, oggi si trova per uno strano destino addirittura sul banco più prestigioso del Senato!».

«La maggioranza uscita dalle urne - sottolinea - ha il diritto-dovere di governare; le minoranze hanno il compito altrettanto fondamentale di fare opposizione. Comune a tutti deve essere l’imperativo di preservare le Istituzioni della Repubblica, che sono di tutti, che non sono proprietà di nessuno, che devono operare nell’interesse del Paese, che devono garantire tutte le parti. Il Senato della diciannovesima legislatura è un’istituzione profondamente rinnovata, non solo negli equilibri politici e nelle persone degli eletti, non solo perché per la prima volta hanno potuto votare anche per questa Camera i giovani dai 18 ai 25 anni, ma soprattutto perché per la prima volta gli eletti sono ridotti a 200. L’appartenenza ad un così rarefatto consesso non può che accrescere in tutti noi la consapevolezza che il Paese ci guarda, che grandi sono le nostre responsabilità ma al tempo stesso grandi le opportunità di dare l'esempio. Dare l’esempio non vuol dire solo fare il nostro semplice dovere, cioè adempiere al nostro ufficio con 'disciplina e onorè, impegnarsi per servire le istituzioni e non per servirsi di esse». L’ha detto la senatrice a vita Liliana Segre nel suo discorso in apertura della seduta per il voto del presidente del Senato.
«Potremmo anche concederci il piacere di lasciare fuori da questa assemblea la politica urlata, che tanto ha contribuito a far crescere la disaffezione dal voto, interpretando invece una politica 'altà e nobile, che senza nulla togliere alla fermezza dei diversi convincimenti, dia prova di rispetto per gli avversari, si apra sinceramente all’ascolto, si esprima con gentilezza, perfino con mitezza». 

Standing ovation in Aula al Senato quando Liliana Segre cita la marcia su Roma e poi il ricordo di lei bambina che dai banchi di scuola è arrivata al banco più alto del Senato. Applauso più lungo dai banchi del centrosinistra. «Il Pensiero va all’art. 3, nel quale i padri e le madri costituenti non si accontentarono di bandire quelle discriminazioni basate su «sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali», essenza dell’ancien regime. Essi vollero lasciare un compito perpetuo alla «Repubblica": «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto libertà e eguaglianza dei cittadini. Non è poesia e non è utopia: è la stella polare che dovrebbe guidarci tutti, anche se abbiamo programmi diversi per seguirla: rimuovere quegli ostacoli!».

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