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Labriola: «Il Sud può essere la California del turismo»

Labriola: «Il Sud può essere la California del turismo»

 
Marisa Ingrosso

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Marisa Ingrosso

Labriola: «Il Sud può essere la California del turismo»

L'amministratore delegato di Tim, il barese Pietro Labriola

L’ad Tim: «A Puglia e Basilicata servono solo più promozione e organizzazione»

Martedì 23 Agosto 2022, 13:00

13:02

Pietro Labriola il top manager dei due mondi, leader di Tim Brasile e, dallo scorso 21 gennaio, amministratore delegato del Gruppo Tim, potrebbe trascorrere le vacanze estive ovunque nel globo, invece è qui, nella “sua” Puglia, nello splendido territorio di Savelletri, a una cinquantina di chilometri da Bari. «Dipende proprio dal fatto che sto lontano da casa. Quando posso, torno. È la “saudade”. E poi questa è una delle zone più belle di una delle regioni più belle» dice.

Classe 1967, come molti baresi che negli anni Ottanta erano ragazzini, conosce bene la sabbia dorata a sud di Monopoli, che da ragazzo si guadagnava affrontando avventure degne del film Stand by me. «Avrò avuto 14 anni – racconta - e, con il ciclomotore Ciao, venivo sin qui assieme agli amici. Chi col Vespino, chi col Sì, chi col Ciao o col Bravo, ci muovevamo da Bari. Per un pezzo facevi la complanare, poi però c’era la statale». Che all’epoca era pericolosissima. «E non era ancora obbligatorio il casco. Mi ricordo che tornavamo ustionati, non tanto per il mare ma per il tragitto lunghissimo, sotto il sole in motorino. Ustioni a mezze maniche». Pietro Labriola è il figlio maggiore di un lucano e una pugliese: Vincenzo, che era un militare dell’Aeronautica, originario di Montalbano Jonico, e Irene Giordano, che è di Altamura e faceva - guarda alle volte il destino - la centralinista Telecom. Con loro e il fratellino Giuseppe (di 3 anni più piccolo e che oggi lavora a Milano), nel 1974 Pietro si trasferì dal centro a una zona di nuova espansione della città, il quartiere Poggiofranco. «Quarant’anni fa, lì c’era Parco Domingo e poi, poco prima dello Sheraton, c’erano le ultime case. Cioè tra Parco Domingo e dove abitavo io c’erano i campi coltivati e una casa abbandonata in cui vivevano dei post-hippy. Quindi la mia infanzia l’ho vissuta sì in città, ma era come vivere in campagna. Mi ricordo di arrampicate sugli alberi per prendere le mandorle, i fichi; la caccia alle lucertole; le pigne che “cucinavamo” sul fuoco vivo perché si aprissero. E le battaglie con i “topini”, dei ragazzacci che arrivavano nella nostra zona. Facevamo battaglie a suon di pietre. Ho qua la cicatrice di un taglio (dice Labriola indicando un punto sulla testa; ndr)».
Per lui Bari «è una scuola di vita. Non è una città ovattata. Grazie al clima si poteva crescere per strada tutto l’anno e dovevi imparare anche a sopravvivere, a guardarti intorno». L’ad di Tim si è formato nelle scuole pubbliche del capoluogo: elementari alla Tauro, medie alla Fiore, liceo scientifico al Fermi. Sulla soglia dell’Università il padre s’impunta: «Fai Ingegneria». Pietro lo asseconda. «Ho anche dato subito gli esami di Analisi, Geometria e Disegno. Ma poi gli dissi “papà Ingegneria è triste, faccio Economia”. E mi sono laureato in tre anni e una sessione, con 110 e lode. Ho anche preso l’abilitazione da commercialista, perché nella vita non si sa mai». L’abilitazione resterà nel cassetto, ma fa lo stagista in Kpmg e prende un Master in Gestione dell’Innovazione e delle Tecnologie a Tecnopolis. A 24 anni ottiene un impiego a Milano in France Telecom («Il mio primo capo è stato un barese d’adozione, Mario Citelli»). Poi Cable & Wireless, Infostrada e, il 1° ottobre 2001, il napoletano Riccardo Ruggiero lo porta con sé in Telecom Italia.

In questi 21 anni, ha lavorato sodo, sia in azienda sia su quello che pare essere il suo unico vero antagonista, il solo con cui è in concorrenza: sé stesso. «Ho sempre avuto un caratterino, può chiedere ai miei amici di scuola. Ma sono camaleontico, adattabile, e crescendo ho imparato a contare fino a 10». Ai ragazzi che in questo momento stanno leggendo questa intervista si sente di dare pochi, chiari, consigli. «Devono sapere che ogni tre anni dovranno cambiare la loro vita e le loro competenze. Nel mio caso, per esempio, catapultato dall’altra parte del mondo nel 2015, ho dovuto imparare il portoghese, un’altra cultura e un altro mercato. È finito il tempo del modello di competenza basato sul nozionismo come “fonte di potere”, in cui, se eri fortunato, avevi una enciclopedia a casa. Ora è esattamente il contrario. Hai eccesso di informazioni, quindi devi avere capacità di critica e di sintesi e devi avere sempre voglia di studiare e imparare. Non ti devi sentire mai arrivato. E la capacità d’ascolto è importante perché devi avere le tue idee ed essere assertivo, ma devi avere anche il coraggio di ritornare sulle tue decisioni, quando ti rendi conto che quello che ti stanno dicendo è giusto. Inoltre, bisogna avere il coraggio di inseguire i propri sogni, quali che essi siano. C’è una canzone che cito sempre, è I lived dei OneRepublic (qui il link della canzone). Ha strofe come “Ho posseduto ogni secondo che questo mondo mi ha dato”. Ecco, in ufficio ho una foto che la richiama. E c’è un’altra canzone che un po’ mi rappresenta: Sono un bravo ragazzo un po’ fuori di testa di Random. Perché nel testo c’è un “Se lo penso lo dico, se lo dico lo faccio” che riflette anche il mio carattere. Dico sempre quello che penso, nel bene o nel male, piaccia o no. E una volta che dico una cosa, la faccio “whatever it takes” (a ogni costo, in inglese; ndr). Infine, avendone la possibilità, consiglio un’esperienza di vita all’estero, perché ti accresce culturalmente, apprendi, migliori. Vai fuori e, magari, poi torni a casa, perché qui è bello».

A proposito, se si chiede al top manager dei due mondi di dire “cosa” vede se posa il suo sguardo cosmopolita su questo Sud in affanno di sviluppo, lui non ha dubbi: «Tutto il Mezzogiorno dovrebbe puntare ad attrarre più turismo straniero. E Puglia e Basilicata possono davvero diventare la Florida, la California». Ma a due condizioni: la prima è imparare a vendere meglio il “prodotto”. «Se citi la Puglia in Brasile non sanno cosa sia. Molti, per esempio, dall’estero visitano tipicamente Roma, Firenze, Venezia, Lago di Como e Costiera Amalfitana. Si fermano lì. Quindi Puglia e Basilicata, forti di un clima che consente anche di destagionalizzare, dovrebbero sviluppare azioni tese a dare maggiore visibilità a questo contesto». «Poi faccio un esempio: qua è pieno di eventi che il mondo esterno non conosce. È tipico della cultura meridionale che, ogni giorno, in ogni paesino ci sia una sagra. Ma il turista che arriva qui come lo sa? Non c’è una mappatura di tutti gli eventi e in lingua inglese, francese, portoghese. E, poi, come fa a raggiungerli? Deve noleggiare una macchina, ma qui è complicato e anche costoso. Se sei un turista e vuoi andare una sera a Locorotondo e una sera a Sammichele, come fai? Quindi, a mio parere, c’è bisogno di strutturare l’offerta e organizzare anche i trasporti».
Il poco, preziosissimo tempo che Pietro Labriola ha sottratto alle sue vacanze a beneficio dei lettori della Gazzetta sta terminando. In un’Italia che sogna sempre di cambiar pelle, evolvere, correre, ma è bigotta al punto d’aver dedicato fiumi d’inchiostro per discettare sui suoi tatuaggi, lui ha gli occhi chiari ben piantati sul prossimo futuro. Ha il compito di traghettare Tim (42 mila dipendenti nel Belpaese) fuori dalle secche di bilanci non esaltanti, passando per lo scorporo della rete: «Quello che sto facendo ora in Italia mi ricorda più o meno quello che ho fatto in Brasile dove, per i primi due anni, quasi non vivevo. Lavoravo sabato e domenica 17-18 ore al giorno e devi guadagnarti la fiducia perché non tutti credono che farai davvero quello che dici e, giustamente, vogliono dei risultati. In Brasile all’inizio l’azienda bruciava cassa e, cinque anni dopo, è diventato tra i tre operatori più profittevoli al mondo».

«Il “peccato originale” in Italia è il livello di debito che abbiamo (in Tim; ndr). Lo devi far scendere e le vie sono due. Facciamo l’esempio di una famiglia: abbiamo un alto livello di debito e per pagarlo o io trovo un posto di lavoro in cui mi pagano molto di più o devo vendere uno degli immobili. L’incremento di salario nel caso di Tim vuol dire crescere nei ricavi, ma crescere tanto. Il mercato italiano - spiega - è fra i più complessi in Europa: abbiamo, sia sul fisso che sul mobile, i prezzi più bassi e la regolamentazione è molto forte. Per avere un aumento della nostra redditività, dovremo crescere molto, ma il mercato è saturo e sarebbe sciocco pensare che i nostri concorrenti starebbero a guardare. È per questo che da più parti – e incomincia ad essere un tema anche europeo – si discute della possibilità di andare verso un market consolidation. Mi spiego: negli Usa, più di 300 milioni di abitanti, un continente grande quanto l’Europa, ci sono tre operatori. In Brasile, 210 milioni di abitanti, ci sono tre operatori. In Europa siamo più di cento». Pietro Labriola si accomiata. Caterina, la figlia 16enne, l’attende. «Il suo sogno è entrare nel mondo della moda, disegnare, fare marketing della moda. Cosa le dico? “Studia. Studia e basta”».

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