«Ci vuole una classe dirigente che abbia voglia di fare la storia e non solo la cronaca. Perché la Puglia, nei prossimi cinque anni, può diventare davvero la Regione capofila nella rivoluzione delle rinnovabili». Magari ritoccando il Pnrr o ripensando l’uso dei Fondi di sviluppo.
È «verde» la risposta che Gianfranco Viesti, economista e saggista, oppone ai tanti interrogativi che piovono sul futuro dell’economia italiana, piegata dal caro-bollette e dalle incertezze belliche.
Professor Viesti, quale parola fotografa meglio l’attuale situazione economica del Paese?
«Direi “incertezza”. C’è un enorme punto interrogativo sul 2022. La spinta verso la ripresa resta forte ma i ripetuti choc in ambito energetico, le difficoltà di approvvigionamento e la chiusura dei mercati creano difficoltà notevolissime».
Qual è il rischio più grande?
«Il nodo critico è nella durata del conflitto. È una guerra assolutamente imprevedibile. Tutti scommettevano che non ci sarebbe stata e invece si è concretizzata. Oggi, la possibilità di un’escalation, per quanto terribile, è reale».
Lei crede nelle sanzioni come strumento punitivo? Gli «obiettori» rilevano che non provocano cambi di regime, puniscono il popolo innocente e, soprattutto, si ritorcono su chi le impone.
«Ritengo che la reazione europea sia stata inevitabile: l’economia russa, che vive di esportazione di energia, accuserà il colpo. E tuttavia a pagare sarà la popolazione innocente e anche noi che abbiamo varato le sanzioni».
L’Italia, in particolare, è fortemente dipendente dal gas russo. Al di là della situazione contingente, un errore strategico?
«Per noi e per la Germania questo è un problema davvero cruciale. Abbiamo una forte dipendenza dal fossile e non abbiamo diversificato. Spero che quanto accaduto ci serva da lezione e ci spinga a percorrere le due strade maestre».
Avanti con la prima.
«Inseguire l’efficienza energetica con una serie di interventi di riduzione e razionalizzazione dei consumi. Penso al superbonus 110% e alla razionalizzazione del traffico nelle grandi città, per fare solo due esempi».
E la seconda?
«Le rinnovabili. La vera, straordinaria occasione per ridurre la dipendenza dall’estero in materia energetica».
Proviamo ad essere concreti. Di rinnovabili si parla continuamente ma, nello specifico, cosa bisognerebbe fare?
«Innanzitutto intervenire sull’aspetto burocratico, snellendo le procedure. Il recente provvedimento del Governo sui pannelli solari va nella giusta direzione. Bisognerebbe che nel giro di uno o due anni, in tutto il Centro-Sud, ogni palazzo, esclusi quelli di interesse storico, avesse dei pannelli. Superfici, magazzini, tetti delle aziende agricole. Senza dimenticare l’eolico, compreso l’off-shore. Ovviamente nel pieno rispetto del paesaggio».
Le rinnovabili «chiamano» la Puglia. Che ruolo dovrebbe recitare?
«La Puglia è già il centro della produzione italiana delle rinnovabili ma può concretizzarsi realmente una ulteriore spinta in avanti per una vera e propria economia delle installazioni. In un quadro nazionale di transizione verde, la regione dovrebbe assumere la regia, dimostrarsi molto più interventista rispetto al passato, coordinando accelerazione e potenziamento sia dell’hardware, cioè delle strutture fisiche, sia del software, cioè il modo in cui la collettività tutta partecipa ai benefici di questa conversione. L’investimento degli svedesi a Modugno per produrre pannelli solari mi sembra un ottimo segnale in questo senso. Ma bisogna correre. In Puglia ci sono 40 gigawatt di impianti in attesa di autorizzazione. Una cifra colossale. Non abbiamo più tempo da perdere».
Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, suggerisce, alla luce della straordinarietà della situazione, di allungare ma soprattutto di riscrivere il Pnrr. Concorda?
«Allungarlo mi sembra parecchio difficile perché si tratterebbe di riscrivere gli accordi».
E se invece riscrivessimo solo i contenuti del piano?
«Questo è possibile, anche se non semplice, perché una clausola permette di intervenire, ad esempio, in caso di aumento dei prezzi. Resta da capire in che direzione muoversi».
Bonomi chiede di spostare in avanti gli obiettivi della transizione ecologica...
«Ecco, infatti. Invece io credo che, a voler ritoccare il Pnrr, bisognerebbe spingere per velocizzare e avvicinare quegli obiettivi. Le uniche risorse che abbiamo e che nessuno ci può togliere sono sole e vento. Tutto il resto, dal gas al carbone al petrolio, è ricchezza altrui. Anche per decarbonizzare serve velocizzare».
D’accordo ma alcuni problemi non sembrano risolvibili. È il caso, per dirne una, del trasporto su gomma, un mondo di fatto in rivolta. Come se ne esce?
«Qualcosa si può fare ad esempio integrare il trasporto con i treni ma qui parliamo di distribuzione capillare. E i treni non arrivano di fronte ai negozi. Dunque, servono più che altro interventi di mitigazione. Diverso, invece, il discorso per le città».
Si riferisce alla mobilità urbana?
«Nei prossimi cinque anni il mezzo pubblico elettrificato deve diventare centrale. In tutto il mondo i ricchi vanno in bus, i poveri in macchina per ribaltare una questione di status che qui da noi ha contorni superati. A Bari sono pronte quattro nuove linee di bus elettrici. Ci sono investimenti su Taranto. Bisogna andare avanti anche senza riscrivere per forza il Pnrr ma facendo leva su risorse di bilancio e sui Fondi strutturali 21-27, non ancora partiti».
E chiudiamo con l’inflazione. Guido Gentili, dalle colonne della «Gazzetta», ha lanciato l’idea di un patto tra lavoratori e imprese per scongiurare il rischio di avvitarsi nella spirale prezzi-salari. Una via percorribile?
«Il vecchio patto del 1992 era figlio di oltre vent’anni di inflazione. Quella attuale è d’importazione e non se conosce la durata. Potrebbe andarsene così come è venuta. Il punto è garantire il mantenimento del potere d’acquisto dei ceti medi e, soprattutto, tutelare le fasce più deboli con misure di welfare perché sono quelle che scontano di più gli effetti negativi dell’inflazione».