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Parla il ministro Carfagna: «Così il Mezzogiorno torna a correre»

 
Leonardo Petrocelli

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Leonardo Petrocelli

Carfagna: «Così il Mezzogiorno torna a correre»

Mara Carfagna

«Sui bandi Pnrr vigilanza costante. Valutiamo i centri di competenza»

Sabato 19 Febbraio 2022, 00:05

12:45

BARI - Mara Carfagna (Forza Italia), ministra per il Mezzogiorno, la ripartizione delle risorse del Pnrr sembra aver riaperto il fronte di tensione Nord-Sud. Una trappola antica, deleteria per lo sviluppo del Paese. Come si disinnesca?
«Credo si sia già largamente disinnescata. Gli amministratori del Nord, e voglio citare Massimiliano Fedriga che è a capo della conferenza Stato-Regioni oltreché governatore del Friuli, ha dato un giudizio netto, che aiuta a superare ogni polemica: investire nel Mezzogiorno aiuta lo sviluppo dell’intero Paese Larga parte del Nord se ne è resa conto da un pezzo».

La decisione di dedicare al Sud il 40% delle risorse continua a generare dibattito, soprattutto sul fronte dei controlli che lei ha annunciato ex ante. Trattandosi di una linea di indirizzo nazionale e non di un vincolo europeo, come si può rendere la quota effettivamente «blindata»?
«Gli uffici del Dipartimento per la Coesione territoriale stanno già lavorando dall’inizio dell’anno per una mappatura di tutti i bandi, gli avvisi e i riparti territoriali delle risorse, controllando che nella stesura dei provvedimenti non solo vi sia il vincolo del 40 per cento, ma che questo sia concretamente attuabile. Entro la fine di febbraio avremo il quadro definitivo e sapremo se e dove c’è bisogno di apportare correzioni o promuovere compensazioni».

Scendendo nel concreto, gli investimenti per l’Alta velocità ferroviaria non sono «territorializzabili», cioè sono esclusi dalla quota del 40% riservata al Sud. È previsto un meccanismo perequativo? Come funzionerà?
«Il dato è frutto di un equivoco che il ministro Giovannini ha largamente chiarito, anche correggendo un passaggio della sua relazione che poteva essere frainteso. L’Alta velocità, come ogni altro investimento che ricade materialmente in in un’area geografica, è correttamente considerata nei totali, in particolare in quello relativo al Mezzogiorno in relazione ai progetti della Napoli-Bari e Salerno-Reggio Calabria. Contando tutti gli investimenti, compresi quelli del fondo complementare, la quota Sud nelle infrastrutture ammonta al 55 per cento su 61,4 miliardi. E se si considerano solo i nuovi investimenti, perché una parte dei progetti inseriti nel Pnrr era già esistente, si arriva al 64 per cento». 

Nel computo totale del 40%, resta proprio il nodo del «riconfezionamento» di progetti già esistenti come la Napoli-Bari. Un problema sollevato da tempo ma che resta rilevante: una ulteriore erosione della quota a cui si può porre rimedio, magari dirottando altrove i soldi risparmiati?
«La regola europea che impone di completare entro cinque anni ogni singolo intervento ha portato all’ovvia scelta di privilegiare opere già progettate o in fase avanzata di progettazione. Non è un’erosione della quota: è il suo utilizzo più efficace, il solo che ci può garantire la chiusura dei cantieri entro il 2026».

Al netto dei nodi più specifici, il problema principale resta quello dei bandi con molte amministrazioni meridionali oggettivamente non attrezzate per produrre progetti credibili. La Svimez ha suggerito di mettere in campo centri di competenza territoriale in raccordo con le università. È un'ipotesi. Qual è, secondo lei, la strada da seguire?
«La strada è quella di una vigilanza costante e dell’attivazione rapida di risposte appena emerge una criticità. Abbiamo individuato dieci modalità di sostegno alle amministrazioni più fragili, ma non ci siamo fermati lì. Nei giorni scorsi è stata varata una doppia task force per la scuola: sosterrà il Sud sia nella partecipazione ai bandi per l’edilizia scolastica sia in quelli per il miglioramento dell’offerta formativa. I centri di competenza territoriale sono senza dubbio un’idea interessante, che stiamo approfondendo».

Grandi aspettative sono poi risposte nelle Zes, finora grande «promessa incompiuta». Il nostro territorio, in particolare, ne ospita due (ionica e adriatica) di forte interesse strategico. Dopo il varo della struttura commissariale, quali sono i prossimi passi e quali gli obiettivi?
«Il primo obbiettivo è aprire i cantieri e cominciare a realizzare le opere previste. Abbiamo inserito nella Missione 5 del Pnrr investimenti per 630 milioni di euro da destinare al potenziamento delle infrastrutture di collegamento delle Zes con le aree industriali e le reti ferroviarie connesse. La “Quota Puglia” di questi investimenti è davvero significativa: 8,7 milioni per l’area industriale di Brindisi; 9,1 milioni per Lecce; 8,1 milioni per l’area industriale di Taranto e 50 milioni per il porto; 41 milioni per il porto di Manfredonia, per un totale di 117 milioni di euro in questa regione e complessivi 191 milioni nelle due Zes. Inoltre, i porti di Brindisi, Manfredonia e Taranto figurano nel Piano Complementare al Pnrr come asset strategici per il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo e quindi sono beneficiari di 259 milioni di euro per realizzare una migliore accessibilità marittima e innovazioni per affrontare le sfide del cambiamento climatico. Il porto di Brindisi si avvarrà di 88 milioni di euro, mentre quelli di Manfredonia e Taranto saranno destinatari di investimenti aggiuntivi rispettivamente per 80 e 91 milioni di euro».

Capitolo Taranto. Il fondo europeo per la transizione equa, Just Transition Fund, ha garantito all’Italia cospicui finanziamenti da destinare principalmente all’ex Ilva, oltre che al Sulcis in Sardegna. Qual è lo stato dell’arte?
«La cifra complessiva è di 1,2 miliardi, e in entrambe le aree è stato svolto nei mesi scorsi un ampio lavoro di consultazione e raccolta di idee, tra soggetti pubblici e privati. Ho costituito un gruppo di lavoro per valutare queste e altre proposte, avremo i risultati a breve».

Taranto «chiama» anche la questione dei Contratti Istituzionali di Sviluppo (Cis), un tema che tocca pure la Costa Adriatica. Quali sono gli ultimi sviluppi?
«È un progetto che ha la nostra massima attenzione, come dimostra la nomina a Responsabile unico del Contratto di Paolo Esposito, il Direttore dell’Agenzia della Coesione che è un po’ il “braccio operativo” del ministero del Sud. Gli interventi del Cis, a cominciare dalla bonifica nell’area Ex-Yard Belleli-Ferretti che segnerà il ritorno in città della grande nautica con centinaia di nuovi posti di lavoro, si sommano agli investimenti già inseriti nel Pnrr per il porto e la Zes Jonica. Accompagneranno le famiglie tarantine nel loro desiderio di riscatto, verso uno sviluppo sostenibile sul piano sociale e ambientale».

Come si inserisce in questi progetti la recente delibera Cipess che anticipa alcuni investimenti del Fondo Sviluppo e Coesione?
«È una delibera “apri cantieri”: abbiamo voluto rendere immediatamente disponibili i fondi per opere già progettate, la cui esecuzione può cominciare subito. A livello nazionale la delibera segnerà l’avvio di un’imponente attività su strade, ferrovie e reti idriche. In Puglia sono previsti tre interventi di grande rilievo: 300 milioni per la strada a scorrimento veloce del Gargano, 50 milioni per la Poggio Imperiale – Candela, 608 milioni per il progetto di riassetto della linea ferroviaria di Bari Nord».

Nel frattempo, la Lega rilancia la battaglia sull'autonomia differenziata dopo che il tema, negli ultimi tempi, era uscito dal cono di luce. In un momento in cui, come detto, non mancano frizioni lungo l'asse Nord-Sud, reintrodurre l'argomento può rivelarsi un ulteriore elemento di tensione nel percorso di ripresa del Paese?
«Non credo. Si sta facendo strada anche al Nord l’idea che ogni ragionamento sull’autonomia passi per un riequilibrio dei diritti, dei servizi, delle opportunità tra Nord e Sud. Vincere la partita della coesione nazionale è l’unica via per affrontare in modo concreto il tema dell’autonomia».

Infine, una riflessione politica. Lei si è sempre battuta affinché i moderati non inseguissero i sovranisti sul loro terreno. Ma il centrodestra, qualora dovesse confermare la propria unità, resta numeri alla mano una coalizione a trazione sovranista. Dov’è il futuro dei moderati? In nuove aggregazioni?
«Le settimane del voto e dopo-voto sul Quirinale sono state traumatiche per entrambi gli schieramenti, e sinceramente credo che prima di dare giudizi sulle scelte della coalizione o dei singoli si debba aspettare che i partiti consolidino una “linea” oltre i conflitti nati in quel periodo».

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