È uno dei tormenti del professor Paolo Veronesi. La prevenzione, quell’ostinato rifiuto di intercettare il male prima che insorga. «Vuol sapere le percentuali? Nel Nord Italia l’adesione delle donne allo screening mammografico, su invito del Sistema sanitario nazionale, è del 70-80%, quasi ai livelli del Nord Europa. Nel Centro Sud invece precipitiamo al 20-30%».
Paolo Veronesi, presidente della Fondazione nata dalla grande eredità spirituale e materiale del padre Umberto, continua in un’opera instancabile. Prevenzione, ricerca, divulgazione. Questi i fili conduttori anche del grande evento in programma al Teatro Piccinni di Bari il prossimo 11 maggio (del quale riferiamo in altro titolo in pagina), occasione tra l’altro per la presentazione ufficiale della nuova delegazione di Fondazione Veronesi.
Professore, dopo le delegazioni di Foggia e Lecce, prende vita anche quella di Bari.
«Sì, è la 30esima della nostra rete, la Puglia è così lunga e con quella del capoluogo, affidata ad Irma Melini, potenziamo la nostra presenza».
Torniamo alla prevenzione. Ci sono dunque ancora molte donne che rifiutano gli screening.
«Si, ma soprattutto nel Centro Sud. Abbiamo approfondito questo dato come Fondazione. Abbiamo condotto una ricerca su un campione numeroso e qualificato di donne, per comprendere i motivi, per capire perché decidano di ignorare l’invito allo screening, ed è emerso che molte dichiarano di aver paura dell’esito dell’esame e di quello che poi dovrebbero affrontare, la chemioterapia ad esempio. Altre dichiarano di non riuscire a organizzarsi con la propria quotidianità, altre rispondono di non avere tempo. Qualcuna attribuisce poca importanza all’esame».
Che idea si è fatto di questa resistenza?
«Che è il frutto dell’ignoranza».
Ma è vero che negli ultimi anni la prevenzione è in flessione anche per colpa del Covid e della sua onda lunga?
«In parte. Nei primi mesi di emergenza i programmi di screening si sono addirittura fermati, negli anni successivi molte persone hanno mantenuto un senso di diffidenza a frequentare gli ospedali, ritenuti ancora potenzialmente fonti di contagio. Ma tutto questo è alle spalle. Adesso siamo tornati a regime».
Si è fermata anche la ricerca per effetto del Covid?
«No, la ricerca non si è mai fermata. Anzi, per effetto della ridotta attività clinica, perché in quei mesi tutte le energie erano profuse a fronteggiare il Covid, molti medici hanno potuto dedicarsi alla ricerca scientifica, infatti abbiamo avuto un maggior numero di pubblicazioni. E l’attività di ricerca sui vaccini ha giovato anche all’attività di ricerca oncologica»...